Studio ATA AF: persistenza alla terapia anticoagulante orale nei pazienti con fibrillazione atriale
Le più recenti lineeguida europee sulla fibrillazione atriale per la prevenzione del rischio tromboembolico raccomandano la terapia anticoagulante orale ( TAO ) nella maggioranza dei pazienti affetti da fibrillazione atriale, ma nel real-world ( mondo reale ) è ampiamente documentato un sotto-trattamento di tali pazienti.
Inoltre nei soggetti trattati la persistenza in terapia è sotto-ottimale con percentuali di sospensione, riportate in letteratura, comprese tra il 25% e il 30% a 1 anno dalla prima prescrizione.
E’stata analizzata la persistenza in terapia, le sospensioni e le cause di interruzione della terapia anticoagulante orale in una coorte italiana di pazienti affetti da fibrillazione atriale non-selezionati seguiti per 12 mesi.
Nell’ambito dello studio osservazionale multicentrico ATA AF ( Agenti Antitrombotici nella Fibrillazione Atriale ), che ha arruolato 7148 pazienti affetti da fibrillazione atriale, afferenti a 164 Cardiologie e a 196 reparti di Medicina Interna rappresentativi in termini di distribuzione geografica della realtà ospedaliera italiana, sono stati analizzati i dati di follow-up disponibili per 1368 pazienti ( 59.2% soggetti ospedalizzati, 40.8% soggetti ambulatoriali ).
Una strategia terapeutica per il controllo del ritmo cardiaco è stata prescritta nel 31.8% dei pazienti ( 43.7% seguiti nelle Cardiologie, 10.4% seguiti nelle Medicine Interne ), mentre una strategia per il controllo della frequenza di risposta ventricolare nel 49.1% dei pazienti ( 44.5% seguiti nelle Cardiologie, 57.3% seguiti nelle Medicine Interne ).
La terapia con antagonisti della vitamina K ( AVK ) è stata prescritta nel 67.5% dei pazienti, mentre un altro trattamento antitrombotico ( antiaggregante ) nel 27.1% dei pazienti.
A 6 mesi dalla prescrizione della terapia antiaggregante piastrinica è stato registrato un tasso di sospensione del trattamento del 10.2%, mentre a 12 mesi del 14.9%, con il limite che tale dato è noto solo nell’85% dei pazienti arruolati.
Le principali motivazioni di sospensione della terapia anticoagulante orale sono state: non indicazione alla TAO in circa il 50% dei casi, volontà / non-compliance del paziente in circa il 25% dei casi, evento emorragico / elevato rischio di sanguinamento nel 12% dei casi.
A 12 mesi dalla prima prescrizione in circa il 10% dei casi la terapia anticoagulante orale è stata sospesa per interventi chirurgici / procedure invasive.
Dallo studio è emerso che in Italia nei pazienti affetti da fibrillazione atriale l’utilizzo di antagonisti della vitamina K per la prevenzione del rischio tromboembolico è gravato da una elevata percentuale di sospensione del trattamento ( almeno 15% circa a 12 mesi dalla prima prescrizione ).
Con l’introduzione dei nuovi anticoagulanti orali nella pratica clinica, è auspicabile in aggiunta al superamento del sotto-trattamento dei pazienti, una maggiore persistenza in terapia anticoagulante orale. ( Xagena_2014 )
Riva L et al, G Ital Cardiol 2014; 15: Suppl 2 al N 4
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