Lo Studio AFFIRM ha dimostrato che l'obiettivo del "ritmo sinusale a tutti i costi" non ha più ragione d'essere nel trattamento della fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale è la più comune aritmia ; colpisce circa il 10% dei soggetti con età superiore ai 65 anni e la sua incidenza aumenta con l’età.
Il profilo di sicurezza dei farmaci antiaritmici ( es. Amiodarone , Chinidina, Flecainide , Propafenone , Sotalolo ) non è ottimale. Questi farmaci , infatti , possono causare gravi effetti indesiderati, in alcuni casi minaccianti la vita. Inoltre i farmaci antiaritmici sono scarsamente efficaci nel mantenimento del ritmo sinusale.
E’ per questi motivi che i National Institutes of Health ( Usa ), e più precisamente il National Heart Lung and Blood Institute ( NHLBI ), hanno messo a confronto due strategie per la “gestione” della fibrillazione atriale : il controllo del ritmo con i farmaci antiaritmici ed il controllo della frequenza ventricolare con i farmaci in grado di rallentare la conduzione a livello del nodo atrio-ventricolare.
Lo studio AFFIRM ( Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management ) ha coinvolto 4.060 pazienti con una storia di fibrillazione atriale e fattori di rischio per l’ictus e per la morte cardiovascolare.
Da questo studio non è emerso nessun beneficio dei farmaci antiaritmici sull’incidenza di mortalità o su altri outcome.
E’ stata , invece, osservata una maggiore percentuale di effetti indesiderati con i farmaci antiaritmici rispetto ai farmaci per il controllo della frequenza ventricolare.
I principali effetti indesiderati riscontrati nello Studio AFFIRM sono stati:
-torsione di punta ( 0,8% nel gruppo controllo del ritmo versus 0,2% nel gruppo controllo della frequenza );
-gravi bradiaritmie ( 0,6% nel gruppo controllo del ritmo versus < 0,1% nel gruppo controllo della frequenza );
-ri-ospedalizzazione ( 80% nel gruppo controllo del ritmo versus 73% nel gruppo controllo della frequenza );
-eventi polmonari ( 7,3% nel gruppo controllo del ritmo versus 1,7% nel gruppo controllo della frequenza );
-eventi gastrointestinali ( 8% nel gruppo controllo del ritmo versus 2,1% nel gruppo controllo della frequenza ).
La mortalità a 5 anni è risultata leggermente superiore nel gruppo dei pazienti trattati con farmaci antiaritmici ( 23,89% versus 21,3%; p=0.08 ).
In un editoriale, pubblicato sul Canadian Medical Association Journal , Stanley Nattel del Montreal Heart Institute, ha sottolineato che i risultati dello studio AFFIRM e del più piccolo Studio di van Gelder hanno dimostrato che l’obiettivo del “ritmo sinusale a tutti i costi” non ha più ragione d’essere.
L’impiego dei farmaci antiaritmici nel trattamento della fibrillazione atriale dovrebbe pertanto essere rivisto.
I medici dovrebbero tenere presente che i farmaci antiaritmici possono causare gravi reazioni avverse, talvolta mortali.
I pazienti con fibrillazione atriale asintomatica o scarsamente sintomatica potrebbero giovarsi del controllo della frequenza ventricolare con farmaci più sicuri degli antiaritmici , quali: beta bloccanti, calcioantagonisti, mentre i farmaci antiaritmici potrebbero essere riservati ai pazienti sintomatici.
Rimane aperta la questione della fibrillazione atriale parossistica.
Si è visto in precedenti studi clinici che i farmaci antiaritmici hanno uno scarso effetto nel prevenire gli episodi di fibrillazione atriale in questi pazienti.
Capucci A et collaboratori alcuni anni fa avevano proposto la somministrazione di un dosaggio di carico di Flecainide o di Propafenone al momento dell’episodio aritmico, evitando l’inutile somministrazione di antiaritmici tra un episodio e l’altro. ( Xagena_2003 )
Fonte: Nattel S, CAMAJ 2003; 168:572-573