Il trattamento con Clopidogrel prima dell’intervento percutaneo
Gli inibitori dell’aggregazione piastrinica rivestono un ruolo critico nella terapia farmacologica peri-procedura coronarica percutanea ( PCI ) .
In uno studio controllato con placebo, l’Aspirina ha ridotto l’incidenza di infarto miocardico Q del 75% rispetto alla sola Eparina, durante angioplastica coronarica.
Tuttavia, il solo impiego dell’Aspirina non permette di risolvere le complicanze trombotiche successive all’intervento coronarico percutaneo.
Diversi inibitori della glicoproteina IIB/IIIa ( Gp IIb/IIIa ), tra cui Abciximab ( ReoPro ), Eptifibatide ( Integrilin ), Tirofiban (Aggrastat ), sono stati valutati in studi clinici che hanno coinvolto 17.000 pazienti, sottoposti a PCI in condizioni di non emergenza.
Nello studio EPISTENT e nello studio ESPRIT, la randomizzazione dei pazienti nei quali è stato impiantato uno stent a ricevere Abciximab oppure Eptifibatide ha comportato una riduzione della percentuale di morte, infarto miocardico o rivascolarizzazione urgente del vaso bersaglio del 52% e del 35%, rispettivamente, a 30 giorni, rispetto al placebo.
La riduzione del rischio relativo è risultata simile per i pazienti ai quali era stata diagnosticata un’angina stabile o una sindrome coronarica acuta.
Il trattamento con le tienopiridine ( Ticlopidina, Clopidogrel ) prima di un intervento coronarico percutaneo ha fornito buone indicazioni.
Sebbene lo studio CREDO abbia fallito nel dimostrare che un dosaggio di carico di Clopidogrel ( Plavix ), somministrato 3 ore prima della procedura, potesse ridurre le complicanze a 28 giorni, un’analisi retrospettiva ha dimostrato un certo beneficio del pretrattamento con Clopidogrel.
Questo beneficio del pretrattamento con Clopidogrel è stato confermato dall’analisi di sottogruppi nello studio CLARITY e nello studio CURE.
Lo studio ISAR ( Intracoronary Stenting and Antithrombotic Regimen ) ha definito il regime ottimale di antiaggregazione piastrinica: 600mg di Clopidogrel almeno 2 ore prima dell’intervento PCI.
Lo studio ISAR-REACT 2, che ha arruolato solo pazienti con evidenza di sindrome coronarica acuta con elevati livelli di troponina T o con una nuova deviazione del segmento ST oppure un blocco di branca.
A differenza dei precedenti studi ISAR, la randomizzazione ad Abciximab è risultata associata ad una significativa riduzione del rischio relativo del 25% dell’end point combinato a 30 giorni: morte, infarto miocardico o rivascolarizzazione urgente del vaso bersaglio.
I benefici, tuttavia, hanno riguardato pazienti con elevati livelli di troponina T, in cui Abciximab ha ridotto l’end point primario del 29%. ( Xagena_2006 )
Fonte: Journal of American Medical Association, 2006
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