Bivalirudina in alternativa all’Eparina e agli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa nelle sindromi coronariche acute
L’anticoagulante trombina-specifico Bivalirudina ( Angiomax ) in monoterapia nelle sindromi coronariche acute è in grado di ridurre il rischio di sanguinamento maggiore del 47% rispetto all’Eparina e agli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa.
Nello studio ACUITY ( Acute Catheterization and Urgent Intervention Triage Strategy ), il 59% dei pazienti aveva sofferto di infarto miocardico senza sopraslivellamento ST ( NSTEMI ), mentre il 41% presentava angina instabile.
Lo studio è stato effettuato in 17 paesi ed ha interessato 13.819 pazienti di età di 63 anni ( valore mediano ), il 70% di sesso maschile.
I pazienti sono stati assegnati a 1 di 3 regimi antitrombotici:
1) Eparina non frazionata oppure Eparina a basso peso molecolare ( Enoxaparina / Clexane / Lovenox ) associata a un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa;
2) Bivalirudina associata ad un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa;
3) Bivalirudina da sola.
Gli end point primari erano rappresentati da:
- endpoint ischemico combinato, comprendente mortalità, infarto miocardico o rivascolarizzazione non pianificata per ischemia;
- sanguinamento maggiore;
- outcome ( risultato ) clinico netto, comprendente end point composito ischemico e sanguinamento maggiore.
La Bivalirudina più l’inibitore della glicoproteina IIb/IIIa, rispetto al gruppo controllo dell’Eparina più l’inibitore della glicoproteina, ha mostrato una non inferiorità nell’end point ischemia composita a 30 giorni ( 7.7% e 7.3%, rispettivamente ).
Le percentuali di sanguinamneto maggiore sono risultate simili ( 5.3% e 5.7% ), così come l’outcome clinico netto ( 11.8% e 11.7% ).
La Bivalirudina da sola, rispetto all’Eparina più l’inibitore della glicoproteina, è risultata non inferiore all’end point composito ischemico.
E’ stata riscontrata una riduzione del 7% nel sanguinamento contro un aumento del 7% degli eventi ischemici ( 7.8% e 7.3%, rispettivamente; p = 0.32; rischio relativo, RR = 1.08 ).
I Ricercatori hanno riportato che la Bivalirudina ha ridotto del 47% l’incidenza di sanguinamento maggiore ( 3% versus 5.7%; p < 0.001; rischio relativo: 0.53 ).
In quasi il 64% dei pazienti, una tienopiridina, nella maggior parte dei casi Clopidogrel ( Plavix ), era già in uso o è stata somministrata prima dell’angiografia o dell’intervento coronarico percutaneo.
Alcune limitazioni dello studio meritano un commento.
La complessità logistica dello studio ha imposto un disegno in aperto che può aver introdotto un potenziale bias.
Inoltre, il 59% della coorte dello studio ha presentato infarto miocardico senza sopraslivellamento ST, una percentuale questa più bassa rispetto ad altri studi clinici.
Una significativa percentuale di pazienti era già stata pre-trattata con Eparina prima della randomizzazione.
I Ricercatori hanno ammesso che il margine di non inferiorità impiegato nello studio può essere stato troppo ampio.
Poiché l’incidenza di eventi ischemici osservati nel gruppo controllo è stata del 7.3%, una percentuale stimata di eventi ischemici del 9.1% nel gruppo test avrebbe potuto essere considerata clinicamente importante.
Secondo il Ricercatore principale dello studio, Gregg Stone della Columbia University, la Bivalirudina impiegata da sola è risultata efficace quanto i farmaci tradizionali ( Eparina + inibitori della glicoproteina IIb/IIIa ) nel prevenire gli eventi ischemici, con una minore incidenza di sanguinamento.
In un editoriale pubblicato sul NEJM, John Bittl dell’Ocala Heart Institute negli Stati Uniti ha messo in evidenza un aumento del 29% degli eventi ischemici tra i pazienti, assegnati alla monoterapia con Bivalirudina e che non erano stati pre-trattati con Clopidogrel, rispetto a quelli trattati con i farmaci tradizionali.
Pertanto, i pazienti che necessitano di un intervento coronarico percutaneo ( PCI ) urgente e che non sono stati adeguatamente pre-trattati con Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) o Clopidogrel dovrebbero ricevere un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa. ( Xagena_2006 )
Fonte: The New England Journal of Medicine, 2006
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