Management dei fibromi uterini
I fibromi uterini, detti anche miomi o più tecnicamente leiomiomi, sono i più comuni tumori solidi, benigni, delle cellule muscolari dell’utero.
I fibromi sono classificati in gradi G secondo i criteri della Società Europea di Isteroscopia; i G0 sono fibromi sottomucosi completamente endocavitari, i G1 sono fibromi che si estendono nel miometrio per un 50% della loro estensione, ed i G2 fibromi che si sviluppano per più di un 50% nel miometrio e sono prevalentemente intramurali.
I fibromi possono essere inoltre singoli o multipli, semplici o a grappolo.
In alcuni casi, è possibile anche che un utero sia fibromatoso senza presentare fibromi.
I fibromi sono dovuti ad una crescita anomala di cellule a livello della pelvi femminile e rappresentano la forma di tumore benigno più diffuso nelle donne con la frequenza di 1 donna su 3.
La crescita dei fibromi dipende dalla stimolazione ormonale del tessuto uterino; i fibromi infatti aumentano di volume dopo somministrazione di contraccettivi contenenti estrogeni, e durante la gravidanza. Tra i fattori di rischio c’è anche la familiarità.
Sintomi
Il massimo sviluppo del fibroma si ha durante l’età fertile con un incidenza massima tra i 35 ed i 40 anni.
Nella quasi metà delle donne, lo sviluppo di fibroma avviene in maniera asintomatica.
La diversa sintomatologia, che caratterizza i vari tipi di fibromi, dipende dalla localizzazione, dalla dimensione e dall’età della paziente.
Tuttavia il sintomo più diffuso è sicuramente la presenza di un flusso mestruale eccessivo detto anche menorragia o ipermenorrea, che può presentarsi come mestruazioni lunghe e/o abbondanti.
Il sanguinamento eccessivo uterino è spesso accompagnato da dolore pelvico dovuto alla compressione che esercita il fibroma sull’utero.
La degenerazione in una forma tumorale maligna è un evento raro.
Un altro sintomo associato alla presenza di fibromi è l’aumentata frequenza urinaria dovuta appunto alla pressione esercita sulla parete della vescica dal fibroma stesso.
Un caso particolare è quello del fibroma in gravidanza. Pur essendo rari, si sono verificati casi di difetto dell’impianto dell’embrione, aborto o parto prematuro.
Diagnosi
Il campanello d’allarme per la presenza di un fibroma è certamente la presenza di un sanguinamento mestruale eccessivo. In questo caso le pazienti dovrebbero immediatamente sottoporsi ad una normale visita ginecologica e se necessario, ad una ecografia pelvica che è in grado di evidenziare oltre alla presenza, anche il numero, le dimensioni e la localizzazione del fibroma.
La tecnica diagnostica per eccellenza attualmente è l’isteroscopia che permette di localizzare i fibromi presenti anche nelle zone più nascoste ed eventualmente trattarli.
Terapia
La terapia viene scelta in base all’entità del fibroma. Prima di passare all’intervento chirurgico è bene verificarne l’urgenza. Nei pazienti in cui la crescita del fibroma è molto lenta ed i sintomi sono lievi si può procedere con una condotta di attesa, tenendo sotto controllo periodico la paziente, senza effettuare alcuna terapia farmacologica.
In casi più impegnativi si deve procedere invece con una terapia farmacologica di supporto. L’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS ) o di Acido Tranexamico ( Ugurol ) possono ridurre il sanguinamento eccessivo, evitando quindi il rischio di anemia, ma non hanno alcun effetto sul fibroma che rappresenta la causa primaria del sanguinamento stesso. Per questo motivo, le terapie farmacologiche per il trattamento del fibroma devono necessariamente essere di natura ormonale.
Terapie farmacologiche ormonali
La terapia ormonale ha lo scopo di intervenire sul meccanismo di produzione ormonale che genera la mestruazione, a questo scopo vengono utilizzati progestinici o estrogeni e progestinici variamente combinati.
Gli estroprogestinici oltre all’attività anticoncezionale riducono anche la proliferazione endometriale, ma il loro uso è consigliato solo nei casi in cui si vuole associare alla cura l’effetto anticoncezionale.
Più utili nel controllo della menorragia si sono rivelati invece gli steroidi agonisti parziali in grado di impedire l’effetto degli estrogeni a livello endometriale. L’assunzione di Danazolo ( Danatrol ) 200mg 2 volte al giorno è risultata più efficace dell’Acido Mefenamico ( Lysalgo ), ma è associato anche ad un maggior numero di effetti collaterali.
I progestinici rappresentano la terapia ormonale più utilizzata per ridurre la menorragia. Questi ormoni agiscono provocando atrofia endometriale ed inducendo uno sfaldamento mestruale controllato. I progestinici presentano una migliore efficacia rispetto al Danazolo e all’Acido Mefenamico, nelle donne in cui gli effetti collaterali ( androgenizzazione, aumento di peso ) sono ben tollerati.
Generalmente, nei casi di anemia gravi o in preparazione di interventi chirurgici, molto utilizzati sono gli agonisti LHRH che inducono uno stato di menopausa farmacologica, quindi un’arresto del flusso mestruale.
La terapia con Leuprorelina ( Leuprolide; Enantone ) ha dato esiti positivi nelle donne con problemi di menorragia in assenza di fibromi. In presenza di fibromi questa terapia è risultata utile prima dell’intervento chirurgico per ridurre il volume dell’utero e nella fase di recupero postoperatorio.
Dispositivi intrauterini con progestinico
L’utilizzo di dispositivi intrauterini a base di Levonorgestrel ( Mirena ) è un’alternativa all’utilizzo classico dei progestinici con in più il vantaggio di ridurre notevolmente gli effetti sistemici. Il dispositivo intrauterino agisce producendo atrofia endometriale grazie all’erogazione di 20 mg/die di Levonorgestrel per la durata di 5 anni.
Dopo il primo anno una percentuale di donne va incontro ad amenorrea.
Da uno studio randomizzato su un consistente numero di pazienti è risultato che con l’utilizzo del dispositivo a rilascio di Levonorgestrel, il 68% delle donne riesce ad evitare l’intervento chirurgico.
L’effetto terapeutico del dispositivo intrauterino è nella maggior parte dei casi preceduto da un periodo di circa 3 mesi caratterizzato da sanguinamenti irregolari.
Terapie chirurgiche
Oltre ai notevoli costi associati all’intervento, l’isterectomia, pur essendo la cura più certa per i fibromi sintomatici, è sempre più sostituita da altri tipi di interventi mirati alla conservazione dell’organo.
Attualmente sono numerose le tecniche alternative all’ablazione totale dell’utero e molto spesso portano a dei soddisfacenti risultati. Tra queste: la miomectomia, la resezione transcervicale del fibroma, l’embolizzazione dell’arteria uterina e la chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica.
Miomectomia
La miomectomia consiste nell’asportazione dei fibromi ed è la procedura chirurgica meno invasiva per il trattamento dei fibromi, associati ad anormale sanguinamento uterino e a problemi riproduttivi.
Il vantaggio di questa tecnica sta nella conservazione dell’utero anche se permane il rischio di recidiva.
Pur essendo risultata sicura ed efficace nel controllo dei disturbi mestruali, il suo effetto sulla fertilità non è ancora stato chiarito.
Esistono vari tipi di miomectomia in base al diverso tipo di fibroma, tra questi: la miomectomia addominale che è la più utilizzata per i fibromi multipli, la miomectomia laparoscopica, se si è in presenza di pochi fibromi di piccole dimensioni, e la miomectomia isteroscopica che è consigliata in caso di fibromi sottomucosi .
Ognuna di queste tecniche presenta delle varianti e delle modalità diverse per il trattamento del fibroma: la miolisi consiste nella distruzione del fibroma mediante uso di corrente elettrica, la cromomiolisi è simile alla miolisi ma utilizia azoto liquido per bruciare il fibroma, ed infine l’ablazione endometriale usa il calore per rimuovere la mucosa endometriale fino al miometrio, quindi agisce sul sanguinamento eccessivo, ma non è efficace se il fibroma si trova sulla parete esterna dell’utero.
Embolizzazione dell’arteria uterina
In presenza di fibromi l’arteria uterina aumenta di calibro e la vascolarizzazione del fibroma diventa maggiore di quella del miometrio. L’embolizzazione dell’arteria uterina consiste nell’iniezione di piccole particelle gelatinose all’interno delle arterie uterine con lo scopo di bloccare il flusso sanguigno e quindi l’apporto di ossigeno ai fibromi. Questo determina la degenerazione e l’involuzione dei fibromi stessi.
L’embolizzazione dell’arteria uterina è una tecnica con minima invasività, che permette di non doversi sottoporre ad incisione e di avere un periodo di ricovero ospedaliero molto breve.
Possono verificarsi complicanze qualora venga compromesso l’apporto di sangue alle ovaie o altri organi.
Chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica
La chirurgia a ultrasuoni concentrati guidati in risonanza magnetica è una tecnica molto recente approvata nel 2004 dall’FDA ( Food and Drud Administration ) per il trattamento di donne con fibroma che vogliono conservare intatto il loro utero. Questa procedura consente di localizzare e distruggere i fibromi all’interno dell’utero senza ricorrere ad incisioni, ma utilizzando dosi elevate di onde di ultrasuoni ( HIFU ).
I risultati ottenuti sembrano promettenti ma non sono noti gli effetti a lungo termine.
Isterectomia
L’isterectomia consiste nella rimozione chirurgica dell’utero. Se viene asportato l’intero utero si parla di isterectomia totale, se viene conservato il collo dell’utero si parla invece di isterectomia subtotale.
L’isterectomia rimane la tecnica più efficace per le donne che vogliono risolvere in maniera definitiva i problemi correlati alla presenza di fibromi uterini.
I rischi associati all’intervento sono estremamanete bassi e comuni ad altri interventi chirurgici. Tuttavia bisogna ricordare che, essendo una tecnica definitiva, le donne che si sottopongono a questo tipo di intervento devono essere estremamente sicure ed informate sull’impossibilità di concepimento. ( Xagena_2008 )
Fonte:
1) Informazioni sui Farmaci, 2002; Mayo Clinic, 2007
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