Malattia di Alzheimer: nuove strategie terapeutiche
I risultati di 4 studi clinici sono stati presentati nel corso del 2008 Alzheimer Association International Conference on Alzheimer’s Disease ( ICAD 2008 ) a Chicago.
a) Studio clinico di fase III riguardante Tarenflurbil
Lo studio clinico di fase III che ha valutato Tarenflurbil ( Flurizan ) ha fallito nel raggiungere la significatività statistica in entrambi gli endpoint primari.
Myriad Genetics ha deciso di abbandonare la sviluppo del farmaco per la malattia di Alzheimer.
Tarenflurbil è classificato come un farmaco che abbassa in modo selettivo il beta-amiloide, rallentando o fermando, in tal modo, il decorso della malattia di Alzheimer.
Allo studio hanno preso parte 1.649 pazienti con malattia di Alzheimer lieve ( MMSA medio = 23.3 ), che sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Tarenflurbil 800 mg 2 volte die, oppure placebo, per 18 mesi.
Gli endpoint co-primari di efficacia erano rappresentati da 2 misure standard della funzione cognitiva ( ADAS-Cog ) e della capacità di realizzare le attività quotidiane ( ADCS-ADL ), con valutazione a cadenza trimestrale.
La misura dell’endpoint secondario è stata compiuta, utilizzando la scala CDR.
E’ stato osservato che il Tarenflurbil non ha raggiunto la significatività statistica in entrambi gli endpoint primari e nell’endpoint secondario.
Al termine dello studio tutti i pazienti ( sia quelli nel braccio Tarenflurbil che in quello placebo ) hanno presentato in media una riduzione di 7 punti alla scala ADCS-ADL.
Nel gruppo Tarenflurbil è stato riscontrato un aumento dell’incidenza di anemia ( 9.7% vs 4.5% ), infezioni ( polmonite, herpes zoster, sepsi; 6.9% vs 2.9% ), ulcere gatsrointestinali ( 1.7% vs 0.4% ).
b) Studio clinico di fase IIa di PBT2
PBT2 è un composto che attenua il legame proteina-metallo ( MPAC ).
In precedenti ricerche era stato osservato che gli ioni rame e zinco svolgono un importante ruolo nell’aggregazione della proteina beta-amiloide, che è ritenuta causare danno funzionale nella malattia di Alzheimer.
PBT2 riduce la forma tossica di beta-amiloide, prevenendo l’interazione del beta-amiloide con il rame e lo zinco.
Uno studio di fase II ha valutato la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di due differenti dosaggi del farmaco nei pazienti con malattia di Alzheimer in fase precoce ( MMSE=22.9 ).
Allo studio hanno partecipato 78 pazienti, che sono stati assegnati al placebo, oppure a PBT2 50mg o PBT2 250 mg, per os, 1 volta al giorno, per 12 settimane.
PBT2 250 mg ha prodotto una riduzione statisticamente significativa di beta-amiloide 42 nel liquido cerebrospinale dopo 12 settimane di trattamento, rispetto al placebo ( p=0.006 ).
Inoltre PBT2 ha mostrato di produrre miglioramenti statisticamente significativi sia nel Trail Making Tets Part B che nel Category Fluency Test, rispetto al placebo ( p=0.009 e p=0.041 rispettivamente ).
In questo studio PBT2 non ha esercitato alcun effetto alla scala ADAS-Cog.
Nono sono state riscontrate differenze tra trattamento attivo e placebo riguardo alla sicurezza e alla tollerabilità.
Non sono stati riportati eventi avversi gravi con PBT2.
c) Studio di fase IIb della terapia di inibizione dell’aggregazione tau.
Precedenti ricerche avevano mostrato che la formazione di lesioni cerebrali note come agglomerati neurofibrillari, che sono composti da un corto frammento di una proteina chiamata tau, era correlata ad un aumento dei sintomi della demenza.
E questi agglomerati compaiono prima dei sintomi della malattia.
Il Metiltioninio cloruro ( anche noto come Blu di Metilene ) ha mostrato in provetta di dissolvere i filamenti aggrovigliati di tau e di prevenire l’aggregazione di tau in agglomerati.
Il Metiltioninio ha anche mostrato di bloccare gli effetti tossici di tau aggregato nelle cellule.
In modelli animali il Metiltioninio ha anche dimostrato benefici cognitivi e comportamentali.
Uno studio della durata di 24 settimane ha valutato la monoterapia con Metiltioninio in 321 pazienti con malattia di Alzheimer; lo studio ha avuto una fase di estensione con trattamento attivo per oltre 60 settimane.
Il gruppo controllo ha ricevuto placebo nelle prime 24 settimane, e successivamente una minima dose efficace.
L’endpoint primario era rappresentato dagli effetti della terapia per os con Metiltioninio ai dosaggi di 30, 60 e 100 mg, 3 volte die, rispetto al placebo, a 24 settimane alla scala ADAS-Cog nei pazienti con forma lieve-moderata di Alzheimer, stratificati in base allo studio della malattia.
Un altro obiettivo è stato quello di determinare se il Metiltioninio fosse in grado di modificare il decorso della malattia di Alzheimer nell’arco di 19 mesi.
E’ stato osservato che a 24 settimabne il Metiltioninio produce un significativo miglioramento rispetto al placebo alla scala ADAS-Cog ( -5.5 unità ) nei pazienti con forma moderata della malattia, al dosaggio di 60 mg ( p= 0.0208 ).
Inoltre, il Metiltioninio ha stabilizzato la progressione della malattia di Alzheimer nell’arco delle 50 settimane nei malati di Alzheimer con forma lieve e moderata.
L’effetto sul declino cognitivo del Metilitioninio 60 mg è stato maggiore alla 50.a settimana, rispetto alla 24.a ( p=0.0014 ).
L’analisi finale a 24 settimane ha confermato l’effetto nel lungo periodo della dose da 60 mg tra i pazienti rimasti in trattamento, con apparente declino non significativamente diverso dal basale nella valutazione finale, mentre è stato riscontrato un declino significativo negli altri rami dello studio.
Gli esami SPECT e PET hanno confermato i risultati dello studio clinico.
Lo SPECT misura il flusso ematico cerebrale regionale, che è streattamente correlato all’attività dei neuroni.
Lo studio ha mostrato che il trattamento con Metiltioninio a dosaggi di 60 mg ha eliminato il declino del flusso ematico cerebrale regionale, che era stato osservato nei soggetti di controllo.
L’effetto è risultato maggiore nelle regioni cerebrali che presentavano la più grave aggregazione di tau, e cioè l’ippocampo e la corteccia entorinale, che sono regioni coinvolte precocemente e più gravemente nella malattia di Alzheimer.
d) Approccio nutrizionale con Souvenaid
Le persone affette da malattia di Alzheimer presentano una significativa perdita di sinapsi cerebrali, e questa perdita si correla con la perdita della funzione cognitiva.
La ricerca preclinica ha mostrato che specifiche combinazioni di nutrienti possono aumentare la formazione di sinapsi.
Souvenaid è una combinazione di nutrienti ( Uridina monofosfato, Colina, Acidi Grassi omega-3 [ EPA, DHA ], fosfolipidi, vitamine del gruppo B ed antiossidanti ), disegnata con l’obiettivo di migliorare la formazione di sinapsi e la trasmissione sinaptica.
Studi preclinici hanno mostrato che specifiche combinazioni di certi nutrienti interagiscono favorendo lo sviluppo delle cellule cerebrali, la formazione di sinapsi ed il rilascio di neurotrasmettitori, migliorando inoltre la funzione cognitiva in diversi modelli sperimentali.
Uno studio clinico di 12 settimane ha valutato la sicurezza e l’effetto di Souvenaid sulla memoria e sulla performance cognitiva nei pazienti con forma lieve di malattia di Alzheimer ( MMSE medio=23,9 ), che non avevano mai assunto farmaci anti-Alzheimer.
Allo studio hanno preso parte 212 pazienti, arruolati prevalentemente in Europa.
Di questi 106 sono stati assegnati a ricevere Souvenaid ( 125 ml, 1 volta al giorno ).
L’endpoint primario è stato misurato mediante scala Wechsler Memory Scale e ADAS-Cog, mentre gli endpoint secondari sono stati valutati mediante le scale MMSE, ADCS-ADL, NPI, CIBIC-plus e QOL-AD.
E’ stato riscontrato un beneficio statisticamente significativo nei pazienti con forma lieve di Alzheimer riguardo alla memoria verbale ritardata nel gruppo Souvenaid, ed anche un effetto significativo nel sottogruppo di pazienti con malattia molto lieve.
Le analisi non-aggiustate non hanno mostrato nessun significativo effetto sulla scala ADAS-Cog modificata. Tuttavia il punteggio basale alla scala ADAS-Cog modificata era un predittore per l’effetto di Souvenaid, con un maggior effetto nei pazienti con più alto punteggio al basale.
Souvenaid è risultato ben tollerato ed ha mostrato un buon profilo di sicurezza, con una bassa incidenza di drop-out ( 6.6% ) nelle prime 12 settimane, e 4.8% nella fase di estensione di 12 settimane. ( Xagena_2008 )
Fonte: ICAD, 2008
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