A cura di Giovanna Serenelli, Policlinico Monteluce, Perugia.
Attualmente si usano tre protocolli diversi. La scelta ed i dosaggi vengono fatti in base all'età ed alle condizioni del paziente, più giovane è il malato, maggiori saranno le dosi che potranno essere utilizzate e più ricche le combinazione di farmaci.
1)MP: Melfalan + Prednisone
2)VBMCP: Vincristina + Carmustina + Melfalan + Ciclofosfamide + Prednisone
3)VAD: Vincristina + Doxorubicina + Desametasone
Oltre alla chemioterapia si può usare la radioterapia che ha lo scopo di distruggere cellule neoplastiche non sensibili ai farmaci ed è altresì utile ad alleviare il dolore osseo.
Nei pazienti giovani può essere utile il trapianto di midollo autologo (cellule staminali isolate dal midollo dello stesso paziente) o eterologo (da donatore, in grado di determinare periodi di remissione più lunghi del precedente, ma più rischioso).
La chirurgia è utile solo nel caso di singole lesioni ossee, nella riduzione o nella prevenzione delle fratture.
Altre terapie, complementari, che non distruggono le cellule tumorali, ma migliorano il quadro clinico sono la plasmaferesi e la somministrazione di bifosfonati.
La plasmaferesi ha il compito di "pulire" il sangue dall'eccesso di immunoglobuline prodotte dalla plasmacellule.
I bifosfonati, usati comunemente per il trattamento dell'osteoporosi, riducono il dolore osseo, il rischio di fratture e l'ipercalcemia.
Attualmente i pazienti che sopravvivono per più di cinque anni al mieloma sono in media quasi il 30%, si può comunque raggiungere il 40% se il mieloma è al I stadio.
La terapia basata sull'uso di interferone sembra dare dei buoni risultati incrementando il tempo di remissione dalla malattia.
Buone speranze sembra offrire il ben noto Talidomide, un vecchio farmaco ad attività anti-angiogenetica, che, ritirato dal commercio per i suoi gravi effetti teratogeni e dunque inutilizzabile nelle donne in gravidanza, sta invece dimostrandosi particolarmente efficace nel trattamento del mieloma.
(Xagena 2000)
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