Malattia coronarica e disfunzione ventricolare sinistra: la riduzione della frequenza cardiaca con Ivabradina non riduce gli eventi cardiovascolari
La riduzione della frequenza cardiaca con Ivabradina non ha migliorato gli outcome cardicaci per tutti i pazienti con malattia coronarica e disfunzione sistolica ventricolare sinistra, ma il farmaco potrebbe risultare utile nel pazienti con frequenza cardiaca uguale o inferiore a 70 battiti al minuto.
Lo studio BEAUTIFUL ( morBidity-mortality EVALUaTion of the If inhibitor ivabradine in patients with coronary disease and left ventricular dysfunction ) ha coinvolto 10.917 pazienti con coronaropatia e frazione d’eiezione ventricolare sinistra inferiore al 40%.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale ad Ivabradina 5 mg ( titolazione fino a 7.5 mg ) 2 volte die ( n=5.479 ) oppure a placebo ( n=5.438 ).
La popolazione studiata era in trattamento con beta-bloccanti ( 87% ), Ace inibitori ( 90% ) e antitrombotici ( 94% ).
Ivabradina ( Corlentor ) ha ridotto la frequenza cardiaca, inibendo la corrente If a livello del nodo senoatriale.
Il trattamento con Ivabradina ha ridotto in media la frequenza cardiaca di 6 battiti per minuto a 12 mesi, rispetto al basale.
Tuttavia, la riduzione della frequenza cardiaca non si è trasformata in una riduzione degli outcome cardiovascolari.
Infatti non è stata osservata differenza tra il gruppo Ivabradina ed il gruppo placebo riguardo all’endpoint primario composito ( morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico o ospedalizzazione per nuova insorgenza di scompenso cardiaco o peggioramento dell’insufficienza cardiaca ).
In un sottogruppo di pazienti con frequenza cardiaca al basale uguale o superiore a 70 bpm, l’Ivabradina ha ridotto l’ospedalizzazione per infarto miocardico fatale e non-fatale ( 36%; p=0.001 ) e la rivascolarizzazione coronarica ( 30%; p=0.016 ), rispetto al placebo. ( Xagena2008 )
Fonte: The Lancet, 2008
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