Linfoma non-Hodgkin: terapia
Terapia
Linfoma non-Hodgkin, ruolo del Rituximab
L’incidenza del linfoma non-Hodgkin è in continuo aumento.
In alcuni casi il linfoma non-Hodgkin è associato ad immunodeficienza, ad autoimmunità o a infezioni virali, ma nella maggior parte dei casi le cause non sono note.
Nel corso degli ultimi anni sono stati fatti dei progressi nel trattamento di questa malattia.
Al trattamento chemioterapico citotossico si è aggiunto il trapianto autologo di cellule staminali, ed il trattamento con Rituximab.
Il Rituximab ( Rituxan, Mabthera ) è un anticorpo monoclinale chimerico anti-CD20.
Il farmaco è altamente efficace ( 73% ) nei pazienti, asintomatici, con linfoma follicolare, precedentemente non-trattati.
Circa il 50% dei pazienti con linfoma follicolare refrattario al trattamento o recidivante risponde al Rituximab, con un tempo medio di progressione della malattia di 552 giorni.
Una risposta fino al 100% nei pazienti con linfoma indolente si può ottenere quando il Rituximab è aggiunto alla chemioterapia. Il tempo medio di progressione della malattia è superiore a 50 mesi.
Il trattamento combinato di Rituximab e CHOP ( Ciclofosfamide, Doxorubicina, Vincristina, Prednisone ) è più efficace del solo trattamento con CHOP nei pazienti anziani con linfoma diffuso a grandi cellule B.
Fonte: Lancet Oncol, 2004
Bortezomib efficace in alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin
Uno studio clinico di fase III ha mostrato che Bortezomib ( Velcade ) sembra essere efficace nel trattamento dei pazienti con alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin.
Lo studio è stato condotto presso lo Sloan-Kettering Cancer Center di New York ed i risultati sono stati presentati al 46th Annual Meeting / American Society of Hematology.
Il Bortezomib è un inibitore del proteasoma, che ha dimostrato di essere efficace nel trattamento del mieloma multiplo.
La somministrazione di Bortezomib a 32 pazienti con linfoma a cellule del mantello ha prodotto una percentuale di risposta del 55%.
Tra coloro che hanno risposto al trattamento, la sopravvivenza libera da progressione è stata di 1 anno.
Nei 20 pazienti con linfoma follicolare, la percentuale di risposta è stata del 60%.
Il Bortezomib si è rivelato poco efficace nel linfoma linfocitico.
Non è stata osservata tossicità di grado 4.
La tossicità di grado 3 più comune è risultata essere la linfopenia.
E’ stata anche segnalata neuropatia sensoriale.
Fonte: 46th Annual Meeting / American Society Hematology, 2004
Efficacia del Tositumomab e Tositumomab iodio-131 nel trattamento delle recidive di linfoma non-Hodgkin a cellule B indolente o trasformato
Uno studio di fase II ha valutato l’efficacia e la sicurezza del Tositumomab e del Tositumomab iodio-131 ( Bexxar ) alla prima o alla seconda recidiva di linfoma a cellule B indolente o trasformato.
Lo studio è stato condotto su 41 pazienti.
Tra il 7° e il 14° giorno è stata somministrata radioattività per una dose totale corporea di 0.75 Gy ( ridotta a 0.65 Gy per i pazienti la cui conta piastrinica è risultata compresa tra 100 e 149 x 10(9)/L ).
Il 76% (n=31) dei pazienti ha presentato una risposta ; 20 hanno raggiunto una remissione completa o completa non confermata ed 11 hanno raggiunto una remissione parziale.
La percentuale di risposta è risultata simile sia nella malattia indolente ( 76% ) che nella malattia trasformata ( 71% ).
Undici pazienti hanno continuato nella loro fase di remissione completa o completa non confermata tra i 2.6 ed i 5.2 anni dopo la terapia.
L’incidenza di anemia di grado 3 e 4, di neutropenia e di trombocitopenia è stata, rispettivamente, del 5%, del 45% e del 32%.
La mielodisplasia secondaria si è presentata in 1 caso.
In 4 pazienti sono stati sviluppati anticorpi umani contro l’antigene murino.
In 5 pazienti su 38 valutabili hanno presentato un innalzamento dei livelli di ormone stimolante la tiroide ( TSH ) ; un solo paziente ha necessitato del trattamento con Tiroxina.
Questo studio ha mostrato che una singola dose di Tositumomab e di Tositumomab iodio-131 ha protto un’alta percentuale di remissione completa nei pazienti con recidive di linfoma non-Hodgkin a cellule B indolente o trasformato.
Davies A J et al, J Clin Oncol. 2004; 22: 1469-1479
Il trapianto allogenico non-mieloablativo di cellule staminali è una terapia promettente per il linfoma non-Hodgkin nei pazienti con precedente fallimento del trapianto autologo
Il trapianto allogenico nei pazienti affetti da linfoma, recidivante dopo trapianto autologo, è stato considerato una scelta terapeutica rischiosa.
I Ricercatori del M.D. Anderson Cancer Center di Houston hanno valutato la sicurezza e l’efficacia di un trapianto di cellule staminali non-mieloablativo in questo gruppo di pazienti.
Sono stati arruolati 20 pazienti, consecutivi, e sono stati trattati in due trial sequenziali.
Un totale di 15 pazienti è stato sottoposto ad un regime preparatorio con Fludarabina ( 30mg/mq al giorno per 3 giorni ), Ciclofosfamide per via endovenosa ( 750mg/mq al giorno per 3 giorni ) e Rituximab.
Gli altri 5 pazienti sono stati sottoposti a regime di condizionamento con Cisplatino ( 25mg/mq in infusione continua giornaliera per 4 giorni ), Fludarabina ( 30mg/mq al giorno per 2 giorni ) e Citarabina ( 1.000mg/mq al giorno per 2 giorni ).
Tracolimo e Metotrexato sono stati usati per la profilassi della reazione immunologica da trapianto contro ospite ( GVHD ).
In tutti i pazienti c’è stato attecchimento delle cellule del donatore.
Un paziente ha riportato una reazione immunologia da trapianto contro l’ospite acuta di grado 2.
In un paziente è stata riscontrata progressione della malattia 115 giorni dopo il trapianto ed il paziente ha risposto alla trasfusione di linfociti del donatore.
Un paziente è deceduto dopo 10.5 mesi a causa di un’infezione fungina.
Con un periodo medio di follow-up di 25 mesi, la percentuale di sopravvivenza libera da progressione al momento, stimata a 3 anni, è stata del 95%.
Questi dati indicano che il trapianto di cellule staminali allogenico non-mieloablativo è una efficace opzione nei pazienti affetti da linfoma, con malattia chemiosensibile o stabile, con recidiva dopo trapianto autologo.
Escalón M P et al, J Clin Oncol 2004; 22: 2419-2423