Infezione da virus HIV1 in età pediatrica


La trasmissione materno-fetale dell’HIV1 costituisce la causa principale dell’infezione pediatrica da virus HIV1. Dal 1995, nei Paesi sviluppati il tasso di trasmissione verticale dell’HIV1 si è ridotto dal 40% al 1-2% grazie alla combinazione della terapia antiretrovirale delle donne in gravidanza, della profilassi antiretrovirale nei neonati e dell’astensione dall’allattamento al seno.

Attualmente, le principali cause di infezione da virus HIV1 nei bambini sono 1) mancato test per l’HIV1 nel periodo precoce di gravidanza ( nonostante la raccomandazione di cura prenatale ) e 2) mancanza di conoscenze circa gli interventi profilattici nelle donne in gravidanza HIV1-positive e del loro neonato esposto all’HIV1.

La diagnosi o l’esclusione dell’infezione da HIV1 in bambini esposti all’HIV1 e HIV1-positivi è difficile, poichè gli anticorpi anti-HIV1 materni passano la placenta e possono persistere nel bambino fino a 2 anni di età.

Dal 1996, era della terapia HAART ( Highly Active Antiretroviral Therapy ), l’impiego della triplice terapia antiretrovirale ha trasformato l’infezione da virus HIV1 nei bambini da una patologia fatale in una patologia cronica con ridotta mortalità e migliore qualità di vita.

La mancanza dell’approvazione dei farmaci, l’assenza di un’adeguata formulazione farmacologica e di dati di farmacocinetica nei bambini rendono il trattamento dell’infezione da HIV1 in età pediatrica molto più difficile che negli adulti.

Il trattamento nei bambini dipende dalla categoria clinica, dalla conta di cellule CD4, dalla carica virale e dall’età alla diagnosi. Allo stato attuale delle conoscenze ( fallimento di studi di interruzione del trattamento negli adulti e in attesa di studi nei bambini ) una volta che la HAART viene iniziata, essa deve essere proseguita per tutta la vita. Ciò implica grossi problemi di aderenza per evitare lo sviluppo di resistenze e in termini di effetti avversi a lungo termine della terapia anti-HIV1. ( Xagena_2010 )

Buchholz B et al, Minerva Pediatrica 2010; 62: 371-387



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