Terapia antiretrovirale nella pratica clinica di routine e resistenza farmacologica dell’HIV-1 nel lungo periodo


Ci sono poche conoscenze riguardo al rischio, nel lungo periodo, di sviluppo di resistenza da parte del virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 ( HIV-1 ) nei pazienti che iniziano una terapia antiretrovirale con 3 o 4 regimi farmacologici nella pratica clinica di routine.

In Gran Bretagna è stato condotto un ampio studio di coorte su 4306 pazienti, che avevano iniziato la terapia antiretrovirale con due nucleosidi associati ad un singolo inibitore della proteasi ( n = 1.436 ), con un inibitore della proteasi più Ritonavir ( n = 279 ), con tre nucleosidi ( n = 156 ) o con un NNRTI, un inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa (n = 2.435 ).

Il rischio cumulativo generale di fallimento virologico ( carica virale ) è stato del 38% a 6 anni.

Il rischio di una o più mutazioni maggiori secondo la IAS-USA è stato del 27% a 6 anni; il rischio di mutazioni per almeno 2 delle 3 classi principali di farmaci è stato del 20% nello stesso periodo.

Il rischio di mutazioni per l’inibitore della proteasi, riscontrate nelle persone che hanno iniziato la terapia antiretrovirale con regimi contenenti un inibitore della proteasi più Ritonavir, è risultato significativamente più basso rispetto al rischio di mutazioni per l’NNRTI, riscontrate tra coloro che hanno iniziato la terapia con regimi contenenti un inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa ( relative hazard, RH = 0.31; p = 0.0008 ).

Da quanto emerso nello studio, si evince che, nella pratica di routine, la percentuale di fallimento virologico ed il manifestarsi della resistenza nei pazienti che hanno iniziato una terapia anti-retrovirale con 3 o 4 farmaci è apprezzabile.( Xagena_2005 )

The UK Collaborative Group on HIV Drug Resistance, UK CHIC Study Group, AIDS 2005; 19: 487-494



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