Relazione tra indice BMI e fibrillazione atriale sostenuta
L’obesità è associata ad un aumento del rischio di fibrillazione atriale, ma non è noto se l’associazione differisca dalla durata o dalla persistenza della fibrillazione atriale.
Uno studio, compiuto da Ricercatori dell’University of Washington a Seattle negli Satati Uniti, ha esaminato 425 soggetti con fibrillazione atriale di nuova insorgenza e 707 soggetti di controllo.
In media, il rischio di fibrillazione atriale è risultato più alto del 3% per unità di incremento nell’indice di massa corporea ( BMI ).
Per la fibrillazione atriale sostenuta ( durata maggiore o uguale a 6 mesi ), il rischio era più alto del 7% per unità di incremento di BMI; per la fibrillazione atriale intermittente ( durata maggiore o uguale a 8 giorni o ricorrente ) del 4%; per la fibrillazione atriale transitoria ( durata inferiore a 8 giorni ) dell’1%.
Rispetto ai soggetti con normale indice BMI, l’odds ratio per i soggetti in sovrappeso ed obesi era come segue: sovrappeso: 0.97; obesi di classe 1: 1.18; obesi di classe 2: 1.34; obesi di classe 3: 2.31 ( p = 0.002 per trend ).
Quando il diabete mellito è stato aggiunto al modello, l’odds ratio per unità di incremento di BMI è diminuito da 1.034 a 1.028.
L’aggiustamento per altri fattori di rischio cardiovascolari, tra cui l’iperlipidemia e la pressione sanguigna, non hanno attenuato l’associazione tra BMI e fibrillazione striale.
Dai risultati è emerso che la fibrillazione atriale sostenuta presentava una più forte correlazione con l’indice di massa corporea, rispetto alla fibrillazione atriale transitoria o intermittente.
L’associazione obesità-fibrillazione atriale sembra essere parzialmente mediata dal diabete mellito. ( Xagena_2006 )
Dublin S et al, Arch Intern Med 2006; 166: 2322-2328
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