Lieve deterioramento cognitivo tra i pazienti con fibrillazione atriale


La fibrillazione atriale , oltre alle complicanze macroemboliche, può anche causare aree cerebrali ischemiche multiple dovute a fenomeni microembolici e ipoperfusione transiente, conducendo eventualmente a un progressivo deperimento cognitivo e perfino all’acclamata demenza vascolare.

Uno studio ha valutato la prevalenza del deterioramento cognitivo nei pazienti affetti da fibrillazione atriale.

Sono stati studiati 42 pazienti con una storia di fibrillazione atriale non-valvolare ( parossistica, persistente, ricorrente o permanente ) e 40 controlli omogenei nel ritmo sinusale senza precedenti episodi di fibrillazione atriale.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad anamnesi, esame fisico generale e analisi biochimiche e strumentali.
Per indagare sullo stato cognitivo, i soggetti sono stati valutati sulla base dei seguenti parametri: Mini Mental State Examination ( MMSE ), Clinical Dementia Rating Scale ( CDR ), Activity of Daily Living ( ADL ), Instrumental Activity of Daily Living ( IADL ) Global Deterioration Scale( GLDS ), Geriatric Depression Scale ( GDS ) e Hachinski Ischemic Score ( HIS ).

I pazienti affetti da fibrillazione atriale hanno presentato indici peggiori rispetto ai controlli riguardo i parametri GLDS ( P=0.0001 ), HIS ( P=0.001 ), CDR ( P=0.07 ) e GDS ( P=0.07 ); non sono state riscontrate differenze significative per l’indice MMSE anche correlando per età ed istruzione.

I pazienti con fibrillazione atriale trattati con Warfarin hanno mostrato dei valori migliori riguardo gli indici CDR ( P=0.04 ), GLDS ( P=0.03 ) e GDS ( P=0.007 ), in confronto a quelli trattati con Acido Acetilsalicilico. Gli indici MMSE corretti non hanno mostrato differenze.

In conclusione, è stato identificato un leggero deterioramento nel gruppo affetto da fibrillazione atriale; i pazienti con fibrillazione atriale parossistica, persistente o ricorrente hanno mostrato performance cognitive peggiori rispetto a quelli affetti da patologia permanente, suggerendo una possibile patologia microembolica. La terapia con anticoaugulanti potrebbe giocare un ruolo protettivo. ( Xagena_2009 )

Puccio D et al, Minerva Cardioangiologica 2009; 57: 143-150



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