A) Failure dell’elettrocatetere
Gli elettrocateteri transvenosi sono associati a complicanze quali failure, shock inappropriati ed infezioni.
Numerosi studi hanno dimostrato come pazienti giovani vivano più a lungo dell’elettrocatetere del defibrillatore transvenoso ( TV-ICD ). I tassi di failure dell’elettrocatetere, prevalentemente rappresentati da una perdita dell’isolamento, raggiungono il 20% a 10 anni, con variazioni che dipendono dalle caratteristiche costruttive e dalle tecniche di impianto del catetere stesso, ma interessando comunque tanto i nuovi quanto i precedenti modelli di dispositivo.
I fenomeni di failure sono da attribuirsi al continuo stress meccanico cui l’elettrocatetere è sottoposto, che ha inizio a partire dal momento dell’impianto stesso, e che si perpetua per il movimento dell’articolazione della spalla ( essendo l’elettrocatetere fissato al muscolo pettorale ed aggettante nel sistema vascolare a livello della vena succlavia ) e per il movimento in prossimità della valvola tricuspide che incorre ad ogni sistole cardiaca.
Poiché la perdita dell’isolamento dell’elettrocatetere dovuta al continuo stress meccanico è tempo-dipendente, la failure dell’elettrocatetere costituisce un problema più comune nei pazienti giovani e con migliore funzione di pompa ventricolare in conseguenza della loro maggiore aspettativa di vita.
Una maggiore attività fisica, propria dei pazienti più giovani, ed una anatomia più limitata, come nelle pazienti di sesso femminile, possono rappresentare cause ulteriori di stress meccanico: ciò spiega il motivo per il quale tali categorie di pazienti appaiano essere le più suscettibili a questo tipo di complicanza.
Infine, non sorprende che l’impianto di più elettrocateteri intravascolari rappresenti un ulteriore fattore di rischio per il failure dell’elettrocatetere.
Dall’altro lato, la stessa presenza dell’elettrocatetere attraverso la valvola tricuspide può causare la dilatazione dell’anulus tricuspidalico e portare ad insufficienza tricuspidalica significativa che, a sua volta, può compromettere la resincronizzazione cardiaca o pregiudicare il potenziale impianto di dispositivi di assistenza meccanica in futuro.
In caso di failure dell’elettrocatetere la scelta che si prospetta al paziente è quella di sottoporsi a una procedura di estrazione non scevra da rischi ( incidenza di complicanze maggiori intraospedaliere 1.7% ) o di abbandonare il catetere malfunzionante, rappresentando così una potenziale fonte di infezione.
B) Infezione del dispositivo
Altro aspetto di grande rilevanza riguarda le problematiche infettive connesse agli elettrocateteri transvenosi.
Le infezioni dei dispositivi cardiaci elettronici impiantabili ( CIED ) sono prevalentemente dovute alla contaminazione che avviene durante la procedura di impianto, e la maggioranza sono causate da batteri Gram-positivi tipo stafilococco. Esse sono rappresentate prevalentemente da infezioni di tasca ( 60% ), ma la sede intravenosa dell’elettrocatetere può trasformare delle infezioni locali in batteriemie sistemiche ed endocarditi. Si tratta di una complicanza grave e potenzialmente letale.
La gestione delle infezioni dei CIED varia a seconda della presentazione clinica, ma nella maggior parte di casi richiede l’ospedalizzazione del paziente e l’estrazione del dispositivo. Quest’ultima risulta una procedura complessa e ad alto rischio proprio per la sede intravascolare dei cateteri: la reazione da parte dell’organismo a corpi estranei ( fenomeni di trombosi, fibrosi, aderenza ) si associa a potenziali rischi di perforazione dell’asse vascolare, danno a carico delle valvole, perforazione cardiaca e morte.
È stato stimato che il tasso di infezioni dei CIED si attesti allo 0.5% al primo impianto e raggiunga l’1-7% al secondo intervento.
Uno studio statunitense ha riportato come ad un aumento del 12% degli impianti di CIED dal 2004 al 2006 sia corrisposto un incremento del 57% delle infezioni dei CIED nello stesso periodo.
C) Ruolo del defibrillatore sottocutaneo nel ridurre le complicanze
L’elettrocatetere di ICD sottocutaneo ( S-ICD ) è localizzato in posizione sottocutanea al di fuori della cassa toracica ed è stato sviluppato per ridurre le complicanze legate all’elettrocatetere transvenoso e alle infezioni endovascolari.
I risultati di una recente metanalisi che ha messo a confronto S-ICD e TV-ICD ( dispositivo transvenoso ) ha confermato che i pazienti con S-ICD presentavano meno complicanze legate all’elettrocatetere.
Contrariamente a quanto ci si poteva attendere, invece, non è stata riscontrata una differenza significativa nel tasso di infezioni tra i due dispositivi.
Infine, l’incidenza di shock inappropriati è risultata sostanzialmente sovrapponibile nei due tipi di dispositivi anche se con meccanismi diversi: nel TV-ICD erano prevalentemente legati al riconoscimento di aritmie sopraventricolari, nel S-ICD al doppio conteggio dell’onda T.
È da sottolineare che se TV-ICD è associato ad un’incidenza di eventi avversi che si è ormai stabilizzata, la letteratura su S-ICD fornisce risultati in continuo miglioramento rispetto alle prime esperienze, grazie all’evoluzione in termini di sviluppo tecnologico, tecniche di impianto e anestesiologiche e alla migliore comprensione del ruolo che una scelta appropriata del paziente riveste nel beneficio che può derivare dall’impianto di S-ICD. ( Xagena_2019 )
Migliore F et al, G Ital Cardiol 2019; 20: 641-650
Xagena_Medicina_2019
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