Sindromi aritmogene ereditarie: tachiaritmie ventricolari polimorfiche catecolaminergiche, sindrome del QT lungo, sindrome del QT corto e sindrome di Brugada


Nel 10-20% di tutte le morti improvvise non si identificano anomalie cardiache strutturali. Cause potenziali importanti di morte cardiaca improvvisa in assenza di cardiopatia sono rappresentate dalle malattie elettriche primarie come la sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo ( LQTS ), la sindrome del QT corto e le tachiaritmie ventricolari polimorfiche catecolaminergiche. Ciascuna di queste canalopatie cardiache è caratterizzata da particolari caratteristiche genetiche e cliniche.

L’ECG a riposo e l’ECG sotto sforzo sono esami fondamentali per la diagnosi delle malattie dei canali ionici. Lo screening genetico molecolare può rivelare la presenza tra le malattie dei canali ionici di mutazioni soggiacenti di grado variabile in una percentuale che raggiunge il 70% ( LQTS ), e può identificare soggetti con penetrazione incompleta della malattia.

Nei pazienti con malattie elettriche primarie sono stati identificati specifici attivatori clinici di eventi aritmici come la sincope o la morte cardiaca improvvisa, rappresentati da sforzo, attività pesanti, stimolazioni uditive o aumento del tono vagale.

L’importanza della stimolazione ventricolare programmata, allo stato attuale delle conoscenze, non è ben definita per quanto riguarda la stratificazione del rischio nei pazienti con sindrome di Brugada e sindrome del QT corto, mentre è irrilevante nei pazienti con sindrome del QT lungo e tachicardie ventricolari polimorfiche catecolaminergiche.

La terapia medica continua ad avere risultati modesti per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa e può richiedere l’adozione di un defibrillatore cardioverter impiantabile ( ICD ). Tuttavia, in questo gruppo di pazienti spesso composto da soggetti giovani e in piena attività, devono essere considerati gli effetti collaterali di terapie inappropriate. ( Xagena_2010 )

Veltmann C et al, Minerva Cardioangiologica 2010; 58: 623-636



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