L’assunzione di calcio è associata a un minor rischio di cancro dell’apparato digerente nello studio NIH-AARP Diet and Health
L’assunzione di prodotti caseari e calcio sembra avere un diverso ruolo per quanto riguarda i singoli siti di sviluppo di tumore, ma le prove sono limitate e inconsistenti.
Inoltre il loro effetto sul cancro in genere non è chiaro.
Ricercatori del National Cancer Institute ( NCI ) di Bethesda, negli Stati Uniti, hanno esaminato l’assunzione di prodotti caseari e calcio in relazione al cancro in generale e a livello di singoli siti di sviluppo utilizzando i dati del NIH-AARP ( National Institutes of Health - The American Association of Retired Persons ) Diet and Health Study.
L’assunzione di prodotti caseari e calcio da cibo e supplementi è stata valutata con un questionario alimentare specifico. I casi di cancro incidenti sono stati identificati mediante una ricerca nei registri dei tumori.
Durante un periodo osservazionale medio di 7 anni, sono stati identificati 36.965 e 16.605 casi di tumore negli uomini e nelle donne, rispettivamente.
L’assunzione di calcio non è risultata collegata al tumore in generale negli uomini, ma è risultata associata in maniera non-lineare nelle donne: il rischio risultava diminuito fino a 1.300 mg/die, al di sopra del quale non era visibile un’ulteriore diminuzione del rischio.
Sia negli uomini sia nelle donne, l’assunzione di prodotti caseari e calcio è risultata inversamente associata a tumori del tratto digestivo ( rischio relativo per il più alto quintile di calcio totale versus il più basso: 0.84 negli uomini e 0.77 nelle donne ).
La diminuzione del rischio è risultata particolarmente elevata nel carcinoma colorettale.
Anche la supplementazione di calcio è risultata inversamente associata a rischio di cancro colorettale.
In conclusione, lo studio suggerisce che l’assunzione di calcio è associata a un minor rischio di cancro in generale e in particolare di cancro dell’apparato digerente, soprattutto del tumore del colon e del retto. ( Xagena_2009 )
Park Y et al, Arch Intern Med 2009;169: 391-401
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