Il lentivirus utilizzato come vettore per la terapia genica
I "proiettili biologici" ( vettori ) utilizzati in tutto il mondo per gli esperimenti di terapia genica sono in genere derivati da virus modificati e resi innocui in laboratorio: questi vettori virali entrano nelle cellule bersaglio proprio come se fossero virus naturali, ma invece di trasportare i propri geni introducono il gene terapeutico. Più di cinque anni fa, quando lavorava ancora negli USA, Luigi Naldini dell'IRCC (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro) di Candiolo (Torino) mise a punto un ingegnoso sistema che utilizzava come vettore il lentivirus, sfruttando la sua naturale capacità di penetrare anche in cellule mature, ovviamente dopo avere eliminato tutte le sequenze geniche che gli permettono di propagarsi e lo rendono pericoloso per l'uomo. Questo però diminuiva l'efficienza del vettore, al punto che il virus modificato si dimostrava in grado di penetrare solo in poche cellule rispetto a quello naturale.
Studiando più a fondo il virus, i ricercatori hanno ora scoperto che una breve sequenza genica presente nel lentivirus, che era stata eliminata nel vettore modificato, è in grado di favorire il trasferimento dei geni nelle cellule bersaglio.
"Aggiungendo questa sequenza al nostro vettore ne abbiamo aumentato in modo decisivo l'efficienza di trasferimento senza diminuire la sicurezza della procedura"- spiega Naldini - "la sequenza in questione non serve infatti a fabbricare alcuna proteina virale ma permette al virus di trasportare meglio i propri geni - e quindi anche quelli da noi inseriti - nel nucleo delle cellule infettate e farli integrare nel loro DNA con più facilità". Sperimentato su diversi tipi di cellule mature e staminali, il nuovo vettore ha permesso di trasferire geni marker (cioè geni marcatori la cui espressione è facilmente individuabile) con un'efficienza vicina al 100%, di gran lunga superiore a quella della generazione precedente. La prossima tappa consisterà nel verificare se lo stesso sistema potrà essere utilizzato a scopi terapeutici in modelli animali. "La sperimentazione sull'uomo è ancora un obbiettivo lontano, ma quello che abbiamo fatto è un passo necessario, perché senza un vettore efficiente non si può neanche ipotizzare di passare alle fasi successive " - afferma Naldini.
Per l'interesse dei loro risultati i ricercatori torinesi hanno ricevuto uno speciale riconoscimento internazionale al recentissimo congresso dell'American Society of Gene Therapy di Denver.
Xagena 2000