Pandemia influenzale del 1918: basi biochimiche
Secondo i Ricercatori del MIT ( Massachusetts Institute of Technology ) 2 mutazioni del virus dell’influenza aviaria H1N1 hanno permesso alla malattia di diffondersi durante la pandemia del 1918, che ha provocato la morte di almeno 50 milioni di persone.
I Ricercatori hanno mostrato che il ceppo dell’influenza del 1918 ha sviluppato due mutazioni in una molecola di superficie, denominata emagglutinina A. Queste variazioni hanno permesso al virus di legarsi strettamente ai recettori nel tratto respiratorio superiore degli essseri umani.
In uno studio precedentemente pubblicato su Nature Biotechnology era stato dimostrato che i virus influenzali possono legarsi alle cellule respiratorie umane solo se esiste combaciamento con la forma dei recettori di queste cellule.
I recettori trovati nel tratto respiratorio degli esseri umani sono noti come recettori alfa 2-6 e si presentano in 2 forme: una che assomiglia ad un ombrello aperto e l’altra ricorda un cono.
Per infettare gli esseri umani, i virus dell’influenza aviaria devono essere capaci di legarsi alla forma ad ombrello del recettore alfa 2-6.
Nel nuovo studio, i Ricercatori del MIT hanno scoperto che 2 mutazioni dell’emagglutinina permettono ai vius influenzali di legarsi con alta affinità ai recettori a forma di ombrello.
E’stato comparato il virus che ha causato la pandemia del 1918 ( noto come SC18 ) con un ceppo, denominato NY18, che differisce da SC18 solamente per 1 amminoacido, e con il ceppo AV18, che differisce da SC18 per 2 amminoacidi.
Studiando un modello animale, i Ricercatori hanno osservato che mentre SC18 si trasmette in modo efficiente tra gli animali, NY18 è solo leggermente infettivo e AV18 non è infettivo.
Queste scoperte si correlano alla capacità dei virus a legarsi ai recettori alfa 2-6 a forma di ombrello.
NY18 si lega ai recettori alfa 2-6 a forma di ombrello, ma in modo meno efficiente rispetto a SC18. AV18 non ha invece affinità per i recettori alfa 2-6 a forma di ombrello. ( Xagena_2008 )
Fonte:Massachusetts Institute of Technology, 2008
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