Terapia genica: una sequenza applicata al gene-farmaco ne evita il rigetto
Grazie ad una scoperta italiana condotta all’Istituto San Raffaele-Telethon balzo in avanti nella terapia genica. Ora si studia l’applicazione in tempi brevi ad emofilie e malattie metaboliche.
Uno studio condotto all’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica ( HSR-TIGET ) di Milano e diretto da Luigi Naldini apre nuovi imprevisti orizzonti all’applicazione della terapia genica ad un numero più vasto di malattie.
La ricerca, finanziata da Telethon, offre infatti una soluzione ai problemi di rigetto del gene introdotto a scopo terapeutico nell’organismo di soggetti affetti da patologie di origine ereditaria.
Grazie alla strategia ideata da Naldini insieme al ricercatore canadese Brian Brown, il gene-farmaco viene nascosto al sistema immunitario sfruttando una nuova famiglia di geni, quelli per i micro-RNA, la cui presenza nel genoma era passata inosservata fino a pochi anni addietro e la cui funzione si sta chiarendo soltanto di recente.
La ricerca è pubblicata dalla rivista Nature Medicine.
Nella terapia genica il gene-farmaco viene inserito nelle cellule del paziente dopo l’incapsulamento in un veicolo adeguato ( spesso un virus attenuato ) e va ad aggiungersi a quelli ereditati in forma difettosa, compensandone il malfunzionamento e correggendo il difetto responsabile della malattia. Solo se questo gene terapeutico è trattenuto stabilmente ed ha raggiunto un numero sufficiente di cellule, la malattia potrà essere curata.
Il TIGET è il portabandiera di questa tecnica rivoluzionaria, avendo conseguito per la prima volta al mondo il successo nella sperimentazione clinica su una grave forma di immunodeficienza congenita, l’ADA-SCID. Finora però tale successo, anche se replicato a Parigi e Londra, è rimasto limitato a poche malattie genetiche, tutte caratterizzate da un deficit immunologico.
In altri gravi disordini, come le emofilie e le malattie metaboliche da accumulo, in cui i pazienti hanno un sistema immunitario funzionante, finora la terapia è risultata difficile da realizzare: il gene-farmaco viene visto come intruso e rigettato in tempi brevi, al pari di un virus o un trapianto non compatibile.
Per aggirare questo ostacolo, il gruppo di Naldini ha utilizzato i micro-RNA: questi hanno un ruolo fondamentale nel controllare l’informazione genetica espressa da ogni cellula e nel determinarne l’identità. A livello internazionale vi è stata una vera e propria esplosione di ricerche che stanno dimostrando come questi piccoli geni hanno un ruolo cruciale in molti processi cellulari, compreso lo sviluppo del cancro. Ogni micro-RNA può sopprimere l’espressione di una batteria di altri geni che riconosce attraverso una sorta di codice a barre impresso sul loro messaggio.
La nuova tecnica ideata da Naldini e Brown prevede che, prima della somministrazione, il gene-farmaco venga marcato con una sequenza di basi attaccata alla sua coda per essere riconosciuto dai soli micro-RNA presenti nelle cellule che partecipano alla risposta immunitaria. In tal modo il gene viene silenziato selettivamente in queste cellule, impedendone il riconoscimento da parte del sistema immunitario e non invece nelle cellule degli altri tessuti dove può esercitare la sua azione terapeutica. Come prova, i Ricercatori hanno somministrato a dei topi un gene ben riconoscibile all’osservazione sperimentale, marcandolo in alcuni casi con una specifica sequenza di basi, paragonabile appunto ad un codice a barre.
Il risultato dell’esperimento è stato tanto chiaro quanto sorprendente.
Quando il gene non era marcato esso è stato, come prevedibile, rapidamente eliminato; la semplice aggiunta del codice invece ne ha permesso il mantenimento e l’espressione continuativa per la vita dei topi, senza alcun segno di rigetto o di altra patologia.
Il gruppo di Naldini sta ora applicando questa strategia in alcuni modelli di malattia come l’emofilia, con la previsione di arrivare alla sperimentazione clinica entro due o tre anni.
Anche se ci vorrà quindi del tempo per sapere se questa nuova strategia consentirà di sviluppare effettivamente una terapia efficace e durevole per l’emofilia e altre malattie metaboliche, lo studio del TIGET apre fin da ora nuove prospettive sia alla sperimentazione biologica sia alla terapia genica cui lavorano i ricercatori in tutto il mondo. Infatti, il nuovo prototipo di veicolo genico sperimentato in Italia rappresenta uno strumento molto più preciso e sofisticato di quelli finora disponibili sia ai ricercatori che studiano le funzioni di un gene che ai clinici che sperimentano la terapia genica. La marcatura con uno o più codici consentirà di selezionare accuratamente tanto i bersagli cellulari quanto le condizioni, fisiologiche o patologiche, in cui il gene somministrato si potrà esprimere. Le applicazioni di questa nuova tecnologia consentiranno quindi di ampliare le conoscenze e di sviluppare nuove strategie terapeutiche per le malattie congenite e per quelle acquisite come il cancro.( Xagena_2006 )
Fonte: Telethon, 2006
Link: MedicinaNews.it
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