Resistenza ai farmaci antiepilettici: terapia genica per evitare le convulsioni
Circa il 30% dei pazienti affetti da epilessia è resistente ai farmaci antiepilettici abitualmente usati per controllare le crisi. Sono quindi necessarie nuove terapie che si rivolgano a questa popolazione di pazienti per i quali la rimozione chirurgica della zona epilettogena è spesso l’unica via per alleviare la comparsa e ricorrenza delle crisi.
Una stategia alternativa, che è in studio presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, è la cosiddetta terapia genica.
La terapia genica dell’epilessia consiste nell’individuazione dell'area del cervello da cui originano le crisi epilettiche, utilizzando ad esempio tecniche di imaging e di elettroencefalografia. Una volta individuata l’area cerebrale target si introduce uno specifico gene terapeutico che sintetizza una sostanza con proprietà anticonvulsivanti ( il neuropeptide Y ).
Questo tipo di terapia è stata sviluppata in uno studio sperimentale condotto da Francesco Noè nel laboratorio di Annamaria Vezzani dell’Istituto Mario Negri, in collaborazione con altri gruppi internazionali di ricerca diretti da Gunther Sperk dell'Università di Innsbruck in Austria, da Asla Pitkanen dell'Università di Kuopio in Finlandia e da Matthew During all'Ohio State University negli Stati Uniti.
Lo studio, finanziato da Telethon, è stato appena pubblicato su Brain.
Il gene che codifica il neuropeptide Y è stato veicolato nel cervello di modelli sperimentali di epilessia utilizzando un vettore di trasporto nelle cellule chiamato vettore virale adeno-associato, derivato da un virus non patogeno.
Questo approccio sperimentale ha permesso la produzione nella zona cerebrale target di quantità considerevoli di neuropeptide Y e come conseguenza è stato possibile ridurre drasticamente la frequenza delle crisi negli animali epilettici. Queste crisi non erano altrimenti controllate da un classico farmaco anticonvulsivante, il Dilantin ( Fenitoina ).
I risultati dello studio hanno mostrato che l’introduzione di un gene con un potenziale effetto terapeutico nel cervello del roditore, determina la produzione del peptide per almeno 1 anno, cioè per la durata della vita dell’animale, e diminuisce significativamente le crisi epilettiche provocate sperimentalmente senza indurre apparenti effetti tossici. ( Xagena_2008 )
Fonte: Istituto Mario Negri, 2008
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