p53, in presenza di danno al DNA, tenta di correggere l'errore o genera autodistruzione della cellula
Ogni volta che il DNA di una cellula viene danneggiato, una proteina chiamata p53, entra in azione e avvia il processo di correzione degli errori del DNA o al contrario quello di autodistruzione della cellula.
L’obiettivo è di evitare che la cellula accumulando mutazioni nel corso delle generazioni diventi tumorale.
I ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano hanno osservato per la prima volta in tempo reale la dinamica di p53 nel nucleo cellulare, e hanno scoperto che per il successo della sua azione non basta che la proteina sia sana ( cioè sia senza mutazioni ) e sia presente in abbondanza, ma è anche necessario che venga attivata da altre proteine. Solo dopo essere stata attivata, p53 è infatti in grado di legarsi al DNA per un tempo sufficiente ad avviare uno dei due processi antitumorali.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications.
Le cellule umane possono subire vari tipi di stress in grado di danneggiare il DNA. Se il danno è limitato, la cellula cerca di porvi rimedio tramite una serie di macchine molecolari il cui compito è ripristinare la corretta sequenza di informazioni del genoma. Se al contrario il danno è troppo per poter essere corretto in sicurezza, la cellula avvia la propria morte programmata, l’apoptosi.
Entrambi i processi fanno capo a un’unica proteina, p53, e questo spiega perché più del 70% dei tumori abbia una mutazione nel gene che codifica per lei: il 70% dei tumori, per riuscire a sopravvivere, deve cioè avere una versione difettosa di p53.
Ma che cosa accade nel restante 30% ? Perché in questi casi p53, pur non essendo mutata, non riesce a svolgere il suo compito con successo ?
Per comprenderlo i ricercatori hanno usato una tecnica di microscopia innovativa che permette di seguire la dinamica di singole molecole all’interno di cellule vive.
La tecnica è stata sviluppata all’Ospedale San Raffaele.
L’attivazione di p53 da parte di altre proteine presenti nella cellula è fondamentale: solo se attivata, infatti, p53 è in grado di associarsi al DNA abbastanza a lungo da avviare i processi per cui è programmata e grazie ai quali i tumori hanno vita tanto difficile.
La scoperta ha un ruolo di particolare rilevanza per quei tumori che non presentano una versione mutata di p53, come il neuroblastoma, un tumore del cervello che colpisce soprattutto i bambini. In questi casi p53 potrebbe fallire proprio a causa di una falla nel meccanismo di attivazione scoperto dai ricercatori del San Raffaele. ( Xagena_2017 )
Fonte: Ospedale S.Raffaele di Milano, 2017
Xagena_Medicina_2017