Intervento coronarico percutaneo: relazione tra genere femminile, indice di massa corporea e più alto rischio di sanguinamento


L’incidenza di obesità sta aumentando nel mondo industrializzato e rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica.
Alcuni studi hanno mostrato un effetto protettivo paradosso dell’obesità moderata sull’esito dopo intervento coronarico percutaneo ( PCI ).
L’associazione tra sanguinamento, indice di massa corporea ( BMI ) e esito non è, tuttavia, ben stabilita.

Ricercatori del King’s College Hospital di Londra nel Regno Unito hanno esaminato i tassi di grave sanguinamento e di mortalità nel British Columbia Cardiac Registry riguardante gli interventi PCI dal 1999 al 2005.

Dall’analisi è stata osservata una chiara relazione bimodale ( a forma di U ) tra l’indice di massa corporea e la mortalità.
L’indice BMI è risultato essere un potente predittore di mortalità, particolarmente evidente tra i pazienti in sovrappeso ( BMI maggiore di 18.5 kg/m2; odds ratio, OR=1.98; p<0.0001 ) e con elevata obesità ( maggiore o uguale a 40 kg/m2; OR=1.61; p<=.0001 ).

La trasfusione periprocedurale era anche associata ad esito non-favorevole ( OR=2.86; p<0.0001 ).

Dallo studio è emerso che il sanguinamento maggiore conferisce una prognosi non-favorevole nel lungo periodo dopo intervento PCI.
L’indice di massa corporea e il genere femminile hanno permesso di identificare sottogruppi a più elevato rischio di sanguinamento dopo l’intervento coronarico percutaneo. ( Xagena_2009 )

Byrne J et al, Am J Cardiol 2009; 103: 507-511



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