PCI: la frazione d’eiezione inferiore o uguale a 45% associata a più alta mortalità
Molti pazienti con disfunzione sistolica si sottopongono a intervento coronarico percutaneo ( PCI ), nonostante non si conosca il rischio associato, e in presenza di limitati dati a supporto.
Ricercatori della Duke University Medical Center, a Durham, negli Stati Uniti, hanno valutato l’associazione tra la gravità della disfunzione sistolica ventricolare sinistra e la mortalità ospedaliera nei pazienti sottoposti a intervento PCI elettivo.
E’ stato compiuto uno studio di coorte, retrospettivo, tra tutti i pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo elettivo nello Stato di New York tra il 1998 e il 1999.
I pazienti sono stati stratificati in 5 gruppi sulla base della loro frazione di eiezione ventricolare sinistra prima di PCI ( maggiore del 55%, 46-55%, 36-45%, 26-35%, e inferiore o uguale a 25%.
Tra i 55.709 pazienti, le frazioni d’eiezioni inferiori o uguali a 25%, 26-35%, e 36-45%, erano presenti, rispettivamente, nel 3.4%, 7.6% e 17.4%.
La mortalità ospedaliera è stata pari a 0.3%, 0.2%, 0.6%, 1.2% e 2.7%, rispettivamente, nei gruppi con frazione d’eiezione inferiore al 55%, 46-55%, 36-45%, 26-35% e inferiore o uguale al 25% ( p<0.001 ).
Dopo aggiustamento multivariato, un aumentato rischio di mortalità ospedaliera è risultato significativo per i gruppi con frazione d’eiezione 36-45% ( OR=1.56 ), 26-35% ( OR=2.17 ), e inferiore o uguale a 25% ( OR=3.85 ), rispetto ai pazienti con frazione d’eiezione maggiore del 55%.
In conclusione, questa analisi ha dimostrato che l’intervento PCI elettivo è comunemente eseguito in pazienti con ridotta frazione d’eiezione, e il rischio di mortalità ospedaliera aumenta al diminuire della frazione d’eiezione.
Per i pazienti che si sottopongono a PCI, una frazione d’eiezione inferiore o uguale al 45% è associata ad una più alta mortalità. ( Xagena_2009 )
Fallace TW et al, Am J Cardiol 2009; 103: 355-360
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Cardio2009