Aumento di infarto miocardico quando il PCI di routine è eseguito sui pazienti in condizioni stabili con arteria infarto-correlata occlusa


L’angioplastica con impianto di stent non è stata in grado di ridurre le complicanze cardiovascolari maggiori nei pazienti in cui la procedura era stata eseguita da 3 a 28 giorni dopo infarto miocardico.

Lo studio OAT ( Occluded Artery Trial ) ha coinvolto 2.166 persone ed ha confrontato la riperfusione molto tardiva alla sola terapia medica.

Lo studio OAT è stato disegnato con l’obiettivo di chiarire se la riperfusione tardiva potesse produrre dei benefici nei pazienti colpiti da infarto miocardico.

I risultati dello studio non hanno mostrato differenza statisticamente significativa tra l’intervento coronarico percutaneo tardivo e la terapia medica riguardo al presentarsi di morte, infarto miocardico o insufficienza cardiaca.

I Ricercatori hanno riscontrato una tendenza a maggiori infarti miocardici nel gruppo PCI tardivo rispetto al gruppo terapia medica.

Secondo Judith S. Hochman della New York University School of Medicine, a New York City, lo studio OAT non ha trovato alcuna riduzione negli eventi cardiovascolari maggiori nell’arco di 3 anni di follow-up ed ha evidenziato una tendenza a un aumento di infarto miocardico quando il PCI di routine è stato eseguito sui pazienti in condizioni stabili che ancora avevano un’arteria, correlata all’infarto, occlusa.
Questa scoperta dovrebbe portare a un minor ricorso ad interventi coronarici non necessari in questo gruppo di pazienti.

Il trattamento dell’infarto miocardico migliora la sopravvivenza se effettuato entro le prime 12 ore, e fino a 36 ore in pazienti instabili, selezionati. ( Xagena_2006 )

Fonte: American Heart Association – Scientific Sessions, 2006




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