La terapia di resincronizzazione cardiaca associata a benefici nei pazienti con o senza cardiopatia ischemica


La dissincronia cardiaca è comune nei pazienti con insufficienza cardiaca, sia che essi presentino cardiopatia ischemica o no.
L’effetto della sottostante causa di disfunzione cardiaca sulla risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca non è noto.

Nello studio CARE-HF, 813 pazienti sono stati raggruppati in base all’eziologia dello scompenso cardiaco ( cardiopatia ischemica n=339; non-cardiopatia ischemica n=473 ).

L’endpoint primario composito era costituito da: mortalità per qualsiasi causa, o da ospedalizzazione non-spiegata per un evento cardiovascolare maggiore; il principale endpoint secondario era rappresentato dalla mortalità generale.

E’ stato osservato che i pazienti con malattia cardiaca ischemica presentavano una maggiore probabilità ad essere in classe NYHA IV ( 7.5% versus 4%; p=0.03 ) e ad avere più alti livelli di NT-proBNP ( 2.182 versus 1.725 pg/L ), indicando un’insufficienza cardiaca più avanzata.

Il grado di dissincronia era più pronunciato nei pazienti senza cardiopatia ischemica.

E’ stato riscontrato un miglioramento minore nel gruppo cardiopatia ischemica riguardo alla frazione d’eiezione ventricolare sinistra e nel volume telesistolico ventricolare sinistro ( 4.53 versus 8.5% e –35.68 versus –58.52 cm3 ).

La terapia di resincronizzazione cardiaca ha tuttavia migliorato la mortalità generale, la classe NYHA e i tassi di ospedalizzazione, in modo simile, nei pazienti con o senza cardiopatia ischemica.
Tuttavia i pazienti con malattia cardiaca ischemica presentano una prognosi meno favorevole. ( Xagena_2009 )

Wikstrom G et al, Eur Heart J 2009; 30: 782-788



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Cardio2009