I nuovi biomarcatori non appaiono presentare vantaggi significativi rispetto ai marker tradizionali nel predire eventi cardiovascolari
Precedenti studi hanno fornito risultati divergenti riguardo all’importanza dei nuovi biomarcatori nella valutazione del rischio cardiovascolare.
Uno studio ha valutato l’utilità dei nuovi biomarcatori nel predire il rischio cardiovascolare quando aggiunti ai fattori di rischio convenzionali.
E’ stata studiata una coorte di 5.067 persone partecipanti al Malmo Diet and Cancer ( MDC ), di età media 58 anni ( per il 60% donne ), senza malattia cardiovascolare nel periodo 1991-1994.
I partecipanti sono stati sottoposti a misurazione di diversi biomarcatori, tra cui CRP, cistatina C, Lp-PLA-2, MR-proADM, N-BNP.
Nel corso del periodo osservazionale di 12.8 anni sono stati osservati 418 eventi cardiovascolari e 230 eventi coronarici.
Il valore dei biomarcatori, singolarmente o in combinazione, nel predire i futuri eventi è stato giudicato modesto.
Le migliori combinazioni di biomarcatori nel predire gli eventi cardiovascolari sono state la proteina C-reattiva ( CRP ) e il peptide natriuretico di tipo pro-B N-terminale ( NT-proBNP ), e MR-proADM ( regione meso dell’adrenomedullina ) e NT-proBNP per la predizione di eventi coronarici.
Dallo studio è emerso che i biomarcatori selezionati possono essere impiegati per predire futuri eventi cardiovascolari, ma il guadagno rispetto ai fattori di rischio convenzionali sono minimi. La classificazione del rischio è risultata migliorata nei soggetti a rischio intermedio, principalmente attraverso l’identificazione di coloro che hanno scarsa probabilità di sviluppare eventi. ( Xagena_2009 )
Melander O et al, JAMA 2009; 302: 49-57
Link: MedicinaNews.it