La terapia di lungo periodo con Rosuvastatina rallenta la progressione della stenosi aortica lieve-moderata


Il trattamento nel lungo periodo con le statine è in grado di rallentare la progressione ecocardiografica della stenosi aortica, forma lieve-moderata, nei pazienti asintomatici con alti livelli di colesterolo LDL.

Allo studio RAAVE ( Rosuvastatin Affecting Aortic Valve Endothelium ) che ha valutato l’effetto delle statine sulla progressione della stenosi aortica, hanno preso parte 121 pazienti.

Di questi, 61 pazienti con livelli di colesterolo LDL maggiori di 130 mg/dl sono stati trattati con Rosuvastatina ( Crestor ) 20mg/die secondo le lineeguida NCEP ATP III ( National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel III ).

Nell’arco di 73 settimane, i pazienti trattati con Rosuvastatina hanno mostrato una minore progressione della stenosi alle misurazioni ecocardiografiche.
Il cambiamento dell’area valvolare aortica è stato –0.10 m/sec nel gruppo che non ha assunto le statine e –0.05 m/sec nel gruppo Rosuvastatina.
La velocità di jet aortico è aumentata nel gruppo controllo rispetto al gruppo Rosuvastatina ( 0.24 versus 0.04 m/s/anno ).

Secondo Nalini M Rajamannan della Northwestern University di Chicago e co-autore dello studio RAAVE, lo studio fornisce sostegno all’impiego della Rosuvastatina nel trattamento della stenosi aortica da lieve a moderata.

In precedenza, lo studio SALTIRE ( Scottish Aortic Stenosis and Lipid Lowering Trial, Impact on Regression ) non aveva mostrato alcun effetto sulla stenosi aortica calcificata.

Lo studio aveva coinvolto 155 pazienti, 77 dei quali erano stati assegnati ad assumere Atorvastatina ( Torvast / Lipitor ) 80mg/die, e 78 placebo.

Il periodo di follow-up era stato di 25 mesi.

La terapia intensiva con Atorvastatina non ha arrestato la progressione della stenosi aortica calcificata.

I dati dello studio RAAVE e dello studio SALTIRE stanno ad indicare che le statine nella fase precoce della stenosi aortica possono produrre benefici.

Fonte:
1) Journal of American Medical Association, 2007

2) New England Journal of Medicine, 2005


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