Coronaropatie e/o arteriopatie periferiche croniche: effetti benefici dell'associazione Rivaroxaban e Aspirina
Nella fase post-acuta dell’infarto miocardico, nell’angina cronica stabile ad alto rischio e nei pazienti con malattia arteriosa periferica, il cosiddetto rischio residuo è ancora molto alto.
Un paziente su cinque, a distanza di 3-4 anni da un infarto miocardico, può subire una ri-ospedalizzazione, un nuovo evento infartuale, un ictus oppure un evento fatale.
Negli ultimi 25 anni sono stati realizzati numerosi studi relativi alla coronaropatia stabile e alla malattia periferica ma, in realtà, non si è fatto altro che potenziare la terapia antiaggregante, senza mai osservare una riduzione della mortalità.
Lo Studio COMPASS ha dimostrato l’efficacia di un nuovo approccio sinergico, un antiaggregante associato a un anticogulante a basso dosaggio.
Nei pazienti affetti da coronaropatie e/o arteriopatie periferiche croniche, il trattamento con Rivaroxaban ( Xarelto ), un anticoagulante orale ad azione diretta, utilizzato a dosaggio vascolare ( 2.5 mg x 2/die ) associato ad Aspirina [ Acido Acetilsalicilico ], un antiaggregante ( 100 mg/die ), ha prodotto una riduzione del rischio combinato di ictus, infarto del miocardio e morte per cause cardiovascolari del 24%, sia pur incrementando, come atteso, le emorragie maggiori, ma non quelle fatali né quelle intracraniche, rispetto alla singola Aspirina.
Inoltre, dallo studio è anche emerso che nei pazienti con malattia periferica degli arti inferiori, l’aggiunta di Rivaroxaban all’Aspirina ha ridotto le amputazioni maggiori da causa vascolare di circa il 70%. ( Xagena_2018 )
Fonte: ANMCO, 2018
Xagena_Medicina_2018