Melanoma, aumentano i casi ma la sopravvivenza risulta prolungata grazie alle nuove terapie


In Italia i nuovi casi annuali di melanoma sono raddoppiati passando da 7.000 nel 2007 a 14.000 nel 2017.
Se in passato il melanoma era considerata una neoplasia delle età più avanzate, oggi colpisce sempre più spesso le fasce giovanili ( 20-30 anni ).
Alla base le cattive abitudini soprattutto dei giovani: l’esposizione al sole senza protezione nella fascia oraria dalle 12 alle 16 e l’utilizzo delle lampade solari.

Di contro è aumentata l’aspettativa di vita nei pazienti affetti da questa neoplasia. Nel 2011 solo 1 paziente su 4 con melanoma avanzato era ancora vivo dopo un anno dalla diagnosi. Oggi, grazie ai nuovi farmaci il 64% supera i 2 anni e il 20% arriva a 10.

Ulteriori passi in avanti sono stati compiuti grazie a una nuova molecola immuno-oncologica, Nivolumab ( Opdivo ), utilizzata sia in monoterapia sia in combinazione con un altro immunoterapico, Ipilimumab ( Yervoy ).
I tassi di sopravvivenza a 2 anni con questa combinazione hanno raggiunto il 64% contro il 59% con il solo Nivolumab e al 45% con il solo Ipilimumab.

Il melanoma è un tumore che origina dai melanociti. I melanociti sono cellule che si trovano allo strato basale dell’epidermide e che producono la melanina.
I melanociti hanno una funzione molto importante perché il pigmento che producono protegge dalle radiazioni ultraviolette che sono il principale fattore di rischio del melanoma.
Il melanoma rappresenta il tumore della pelle più aggressivo ed è la causa dell’80% delle morti per tumore della cute.

La prevenzione della degenerazione tumorale dei nei si basa essenzialmente sull’accurata osservazione delle caratteristiche del nevo.

Uno dei metodi più usati è l'ABCDE, dove A sta per asimmetria, B per bordi irregolari, C per il colore che cambia, D per le dimensioni che aumentano, ed E per evoluzione, vale a dire i cambiamenti delle forme e dei colori nel giro di poche settimane o al massimo un mese.

La causa principale alla base del cambiamento di un nevo è rappresentata dalle radiazioni ultraviolette emanate dal sole o dalle lampade abbronzanti.
Deve essere evitata l’esposizione intensa e le scottature.

Per quanto riguarda i lettini abbronzanti è noto da uno studio promosso da IARC ( Agenzia internazionale della ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ), che l’esposizione a lampade abbronzanti prima dei 30 anni aumenta il rischio di contrarre un melanoma del 75%.

Prevenzione del melanoma

La prevenzione è di fondamentale importanza e consiste nell'evitare le scottature, l’esposizione al sole dalle 12 alle 16.
I soggetti più a rischio sono quelli con un fototipo chiaro, vale a dire i biondi con gli occhi azzurri. Sono loro i soggetti che si scottano più facilmente e si abbronzano poco. Questi soggetti dovrebbero evitare l’esposizione nella fascia oraria più pericolosa e adottare sempre l’alta protezione con fattore 50+.

La prevenzione è importante perché permette di ridurre l’incidenza del melanoma.
Inoltre, la diagnosi precoce ( la cosiddetta prevenzione secondaria ) fa si che il melanoma venga diagnosticato nelle prime fasi e quindi può essere asportato per via chirurgica.

Novità terapeutiche

Ipilimumab è il primo anticorpo monoclonale immunomodulante che ha rivoluzionato la terapia del melanoma. E' un anti CTLA-4, cioè un farmaco che si lega a CTLA-4 una molecola presente sui globuli bianchi e che rappresenta un freno per la risposta immunitaria.
Le cellule tumorali sono in grado di aumentare l’espressione di CTLA-4, bloccando in tal modo il sistema immunitario.

Ipilimumab è in grado di curare il 20% dei pazienti.
Prima del 2011, anno in cui è stato approvato l’Ipilimumab, la sopravvivenza media di un paziente con melanoma avanzato era di 6-9 mesi, e solo il 25% arrivava a 1 anno.
Oggi il 20% dei pazienti arriva a 10 anni, e vengono considerati guariti.

Oltre a Ipilimumab, sono stati sviluppati i farmaci anti-PD1. Uno è il Nivolumab e l’altro è il Pembrolizumab ( Keytruda ); entrambi agiscono rimuovendo un altro freno inibitorio del sistema immunitario, quello del PD1.
Sia Nivolumab che Pembrolizumab hanno dimostrato di essere più potenti di Ipilimumab.
Non si hanno ancora i dati a 10 anni di questi farmaci, ma si pensa che possano portare la guarigione dal 20% al 35-40%.

I risultati della combinazione di Ipilimumab e di Nivolumab, quindi due farmaci che agiscono rimuovendo due diversi freni inibitori, sono molto incoraggianti, anche se la loro combinazione ha una importante tossicità.
Il 56% dei pazienti, infatti, a cui sono stati somministrati i due farmaci contemporaneamente, ha manifestato gravi effetti collaterali.
Di contro, l'elevata efficacia; a 2 anni è ancora vivo il 64% dei pazienti. ( Xagena_2017 )

Fonte: Fondazione Pascale di Napoli, 2017

Xagena_Medicina_2017