Diabete di tipo 2: il trattamento intensivo dell’iperglicemia è associato a migliori esiti micro vascolari ma a un aumento della mortalità generale e cardiovascolare
L’iperglicemia è associata a un aumentato rischio di complicazioni cardiovascolari in persone con diabete mellito di tipo 2.
Uno studio ha valutato se la riduzione della concentrazione di glucosio ematico sia in grado di abbassare il rischio di complicazioni microvascolari in soggetti con diabete mellito di tipo 2.
ACCORD era uno studio randomizzato, a gruppi paralleli, effettuato in 77 Centri clinici nel Nord America.
Persone con diabete, alte concentrazioni di HbA1c ( maggiore di 7.5% ) e patologie cardiovascolari ( oppure 2 o più fattori di rischio cardiovascolare ) sono state assegnate in maniera casuale mediante randomizzazione centralizzata a terapia intensiva per il controllo glicemico ( target HbA1c: inferiore a 6% ) o terapia standard ( 7-7.9% ).
In questa analisi, l’esito composito predefinito era: dialisi o trapianto di rene, alta creatinina nel siero ( maggiore di 291.7 micromol/L ) o fotocoagulazione retinica o vitrectomia ( primo esito composito ); oppure neuropatia periferica in aggiunta al primo esito composito ( secondo esito composito ).
Sono state anche valutate 13 misure secondarie predefinite di rene, occhio e funzione nervosa periferica.
I clinici e i partecipanti allo studio conoscevano il gruppo di assegnazione.
L’analisi è stata effettuata su tutti i pazienti valutati per esiti microvascolari, sulla base del trattamento assegnato, in modo indipendente dal trattamento ricevuto o dalla compliance alla terapia.
In totale, 10.251 pazienti sono stati assegnati in modo casuale: 5.128 al gruppo controllo intensivo per il controllo della glicemia e 5.123 al gruppo controllo standard.
La terapia intensiva è stata interrotta prima del termine dello studio a causa di una più alta mortalità in quel gruppo e i pazienti sono stati quindi trasferiti alla terapia standard.
Al momento della transizione, il primo esito composito è stato registrato in 443 su 5.107 pazienti nel gruppo intensivo versus 444 su 5.108 del gruppo standard ( HR=1; p=1 ), mentre il secondo esito composito è stato osservato in 1.591 su 5.107 versus 1.659 su 5.108 pazienti ( HR=0.96; p=0.19 ).
Sono stati osservati risultati simili al termine dello studio ( primo esito composito 556 su 5.119 vs 586 su 5.115 [ HR=0.95, p=0.42 ]; nel secondo 1.956 su 5.119 vs 2.046 di 5.115, rispettivamente [ HR=0.95, p=0.12 ] ).
La terapia intensiva non ha diminuito il rischio di esiti microvascolari avanzati, ma ha rallentato la comparsa di albuminuria e di alcune complicanze oculari e neuropatie.
Al termine dello studio, 7 misure secondarie sono risultate a favore della terapia intensiva ( p<0.05 ).
In conclusione, i benefici a livello microvascolare della terapia intensiva dovrebbero essere pesati contro l’incremento della mortalità totale e per cause cardiovascolari, l’incremento del peso corporeo e l’alto rischio di grave ipoglicemia. ( Xagena_2010 )
Ismail-Beigi F et al, Lancet 2010; 376 : 419-430
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