Interventi intensivi sullo stile di vita possono ridurre il rischio cardiovascolare nei soggetti con alterata tolleranza al glucosio


Il Diabetes Prevention Program ha mostrato la sua capacità di ritardare o di prevenire il diabete di tipo 2 tra i partecipanti con alterata tolleranza al glucosio.

I soggetti con alterata tolleranza al glucosio sono ad alto rischio di malattie cardiovascolari, con un marcato incremento nel numero e nella gravità dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.

Alla George Washington University di Rockville è stato valutato in modo prospettico l’impatto degli interventi del Programma sull’ipertensione, la dislipidemia e gli eventi cardiovascolari.

Un totale di 3.234 individui con alterata tolleranza al glucosio sono stati assegnati in modo random a ricevere un intervento intensivo sullo stile di vita, Metformina o placebo.

L’ipertensione era presente nel 30% dei partecipanti all’ingresso dello studio ed è poi aumentata nei soggetti trattati con placebo o con Metformina, mentre si è ridotta in modo significativo con l’intervento intensivo sullo stile di vita.

I livelli di colesterolo totale e di colesterolo-LDL sono risultati simili tra i gruppi di trattamento.
L’intervento intensivo sullo stile di vita ha aumentato in modo significativo il livello di colesterolo HDL ed ha ridotto l’incidenza cumulativa del fenotipo B delle LDL proaterogeniche.

A 3 anni, l’impiego della terapia farmacologica per raggiungere gli obiettivi stabiliti nel gruppo intervento intensivo nello stile di vita ha comportato una riduzione del 27-28% dell’ipertensione e del 25% dell’iperlipidemia rispetto ai gruppi Metformina e placebo.

Nell’arco mediamente di 3 anni sono stati registrati 89 eventi cardiovasacolari in 64 partecipanti senza alcuna differenza tra i gruppi di trattamento.

Secondo gli Autori interventi prolungati , oltre i 3 anni, sullo stile di vita potrebbero ridurre la percentuale di eventi cardiovascolari nei pazienti con alterata tolleranza al glucosio. ( Xagena_2005 )

The Diabetes Prevention Program Research Group, Diabetes Care 2005; 28: 888-894



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