Beta-talassemia e sindromi mielodisplastiche: Luspatercept riduce drasticamente la necessità trasfusioni


Due studi presentati al Congresso dell’American Society of Hematology ( ASH ) hanno valutato Luspatercept sulla beta-talassemia e sulle sindromi mielodisplastiche.
Il farmaco ha corretto l’anemia in una significativa percentuale di pazienti, riducendo in modo sensibile la necessità di ricorrere alle trasfusioni.

Due studi di fase III hanno valutato Luspatercept nei pazienti con beta-talassemia (BELIEVE ) e nei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche ( MEDALIST ).
La beta-talassemia è una patologia genetica rara a livello mondiale; l’Italia è tra i primi Paesi del mondo occidentale come numero di pazienti interessati.
Le sindromi mielodisplastiche sono patologie più frequenti e dell’anziano, con un forte carico trasfusionale: ben il 56% dei pazienti afferenti ai Centri trasfusionali sono affetti da questa patologia.
Al momento lo standard di cura per aiutare i pazienti con beta-talassemia a gestire l'anemia, è rappresentato dal ricorso a trasfusioni regolari per tutta la durata della vita ( anche fin da bambini, dall’età di 1-2 anni ); questo può determinare nel tempo patologie da accumulo di ferro e comorbidità potenzialmente fatali.

Studio BELIEVE

Lo studio BELIEVE ha valutato l’efficacia di Luspatercept tra i pazienti adulti con beta-talassemia dipendente dalla trasfusione.
E’ uno studio di fase III randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, multicentrico che ha confrontato Luspatercept versus placebo in 336 pazienti adulti.
I pazienti sono stati assegnati in modo random in un rapporto 2:1 al trattamento con Luspatercept per via sottocutanea 1.0 mg/Kg, titolabile fino a 1.75 mg/kg ( n=224 ) oppure placebo ( n=112 ) ogni 3 settimane per un periodo fino a 48 settimane.
L’età media dei pazienti era di 30 anni in entrambi i rami dello studio, condotto presso 65 centri in 15 Paesi.
I soggetti arruolati richiedevano in media la trasfusione di sei unità di sangue nell’arco di un periodo di 12 settimane, prima dell’inizio dello studio. E' stato registrato il numero di unità di sangue che ogni partecipante ha richiesto nel corso degli 11 mesi circa ( 48 settimane ) di durata dello studio.

Luspatercept ha raggiunto l’endpoint principale della risposta eritroide, definito come una riduzione maggiore o uguale al 33% del carico trasfusionale ( con una riduzione di 2 o più unità di sangue ) nel corso delle settimane 13-24 rispetto all’intervallo basale delle 12 settimane pre-randomizzazione.
Lo studio ha dimostrato inoltre che oltre il 70% dei pazienti trattati con Luspatercept è riuscito a ridurre di almeno un terzo il ricorso alle trasfusioni nell’arco di un periodo di 12 settimane consecutive ( contro appena il 30% dei soggetti del gruppo di controllo ).

Dato che la gravità della beta-talassemia è associata alle variazioni genetiche presenti, verranno eseguite sottoanalisi dei dati per determinare quali geni o altri fattori siano in grado di influenzare la risposta dei pazienti a Luspatercept.

Studio MEDALIST

In MEDALIST, studio di fase III, Luspatercept è stato valutato in una popolazione di pazienti con sindrome mielodisplastica trasfusione-dipendente e con sovraccarico di ferro nei precursori dei globuli rossi ( condizione nota come sideroblasti ad anello ).
Luspatercept è risultato in grado di ridurre il ricorso a frequenti trasfusioni di sangue in oltre la metà dei soggetti trattati.
Il 38% dei trattati è riuscito ad evitare del tutto il ricorso alle trasfusioni per almeno otto settimane.

Sono stati arruolati 229 pazienti adulti con sindrome mielodisplastica a rischio basso, bassissimo o intermedio che richiedevano emotrasfusioni almeno ogni 1-2 mesi.
Due terzi dei pazienti sono stati assegnati al trattamento con Luspatercept, i restanti al placebo, entrambi somministrati per via sottocutanea ogni tre settimane per almeno sei mesi.
Il 38% dei pazienti trattati con Luspatercept, contro il 13% del braccio placebo, ha raggiunto l’endpoint primario di almeno 8 settimane senza necessità di trasfondere, nel corso delle prime 24 settimane dello studio.
Il 28% dei pazienti trattati con Luspatercept e l’8% di quelli del gruppo di controllo hanno raggiunto l’endpoint secondario di almeno 12 settimane consecutive senza trasfusioni ( nel corso delle prime 24 o 48 settimane dello studio ).

Complessivamente oltre la metà dei pazienti ( 53% ) ha avuto o una riduzione significativa nel numero di trasfusioni richieste o un aumento dei livelli di emoglobina anche senza ricevere trasfusioni, rispetto al 12% del gruppo di controllo. ( Xagena_2019 )

Fonte: Celgene, 2019

Xagena_Medicina_2019