Leucemia a cellule capellute: efficacia dell'inibitore di BRAF Vemurafenib
La scoperta dell'anomalia genetica all'origine della tricoleucemia, anche nota come leucemia a cellule capellute, ha consentito in soli cinque anni di mettere a punto regimi terapeutici potenzialmente in grado di curare la malattia.
La leucemia a cellule capellute è una rara forma di leucemia cronica che colpisce i linfociti B e che deve il suo nome alle estroflessioni simili a capelli presenti sulla superficie delle cellule tumorali.
Tra il 2010 e il 2011 Enrico Tiacci e Brunangelo Falini, dell'Istituto di Ematologia di Perugia, sono riusciti a comprendere che era sufficiente una specifica mutazione del gene BRAF a causare la malattia.
La mutazione identificata dai ricercatori è già nota per essere legata all'insorgenza del melanoma e contro di essa è stato sviluppato un farmaco ( Vemurafenib [ Zelboraf ] ). I
I ricercatori hanno sperimenta l'inibitore di BRAF, Vemurafenib, in 26 pazienti con leucemia a cellule capellute che non rispondevano più alle terapie convenzionali.
La leucemia a cellule capellute risponde bene alla chemioterapia, ma in circa la metà dei pazienti tende a recidivare più volte e la chemioterapia perde progressivamente di efficacia.
Nelle sperimentazioni cliniche effettuate con Vemurafenib, 25 dei 26 pazienti trattati hanno risposto alla terapia e in quasi il 40% dei casi si è osservata una remissione completa.
Ora i ricercatori stanno lavorando a un approccio combinato che aumenti ulteriormente i tassi di remissione.
E' in corso una sperimentazione con Vemurafenib associato a Rituximab ( MabThera ).
I primi dati sono incoraggianti: in tutti i pazienti dopo poche settimane di trattamento si raggiunge la remissione completa e in alcuni non si riscontrano più tracce della malattia.
Soltanto un lungo follow-up potrà dire se il trattamento riesce effettivamente a debellare del tutto le cellule tumorali. ( Xagena_2017 )
Fonte: AIRC, 2017
Xagena_Medicina_2017