Trattamento della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia negativa con Blinatumomab
Sono stati presentati i risultati dello studio di fase II GIMEMA LAL2317, che ha evidenziato il ruolo dell’immunoterapico Blinatumomab ( Blincyto ) per il trattamento della leucemia acuta linfoblastica Philadelpha-negativa.
La leucemia acuta linfoblastica ( LAL ) è il tumore più frequente in età pediatrica, ed è più raro nell’adulto.
L’impiego di approcci a ispirazione pediatrica ha rappresentato un importante avanzamento nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta dell’adulto.
Un ulteriore progresso si avvale dell’impiego dell‘immunoterapia, in particolar modo di Blinatumomab.
Lo studio clinico di fase II GIMEMA LAL2317 è stato disegnato per pazienti adulti ( 18-65 anni ) di nuova diagnosi affetti da leucemia acuta linfoblastica di tipo B Philadelphia negativa ( Ph-B-LAL ), ossia caratterizzati dall’assenza della traslocazione cromosomica t(9;22).
Lo studio ha arruolato 149 pazienti, in un periodo compreso tra il 2018 e il 2020, ed era basato sulla chemioterapia pediatrica ( con adeguamenti di dosaggio per i pazienti di età superiore ai 55 anni ) cui sono aggiunti due cicli di Blinatumomab.
Lo scopo principale dello studio era quello di valutare, dopo il primo ciclo di trattamento con Blinatumomab, l’assenza di malattia minima residua cioè la presenza di residui di cellule tumorali residuali non-identificabili con la citomorfologia ( esame al miscroscopio ) ma solo con test molecolari specifici.
Dopo il periodo d’induzione con la sola chemioterapia, l’88% dei pazienti ha mostrato remissione completa, sebbene con differenze significative a seconda dell’età: i risultati migliori sono stati osservati nei pazienti più giovani.
L’assenza di malattia minima residua si è verificato per il 70% al termine della fase di consolidamento precoce ( sola chemioterapia ) e, dopo il primo ciclo con Blinatumomab, la percentuale è aumentata al 93%.
Inoltre, il follow up a più di 3 anni ha mostrato che la sopravvivenza complessiva è del 71% e la sopravvivenza libera da malattia è del 66%.
Inoltre, al termine del primo ciclo di trattamento con Blinatumomab, la presenza di malattia minima residua non si è più dimostrata significativa per la sopravvivenza: un dato che è coerente con quanto già osservato nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica nella forma Philadelphia positiva, sebbene i numeri siano piccoli e pertanto non statisticamente significativi.
Dallo studio è anche emerso come il sottotipo di leucemia linfoblastica acuta indicato come Ph-like, cioè privo della traslocazione che caratterizza la LAL Philadelphia positiva ma con simile espressione genica, sia indice di prognosi sfavorevole.
In particolare, l’incidenza di ricadute per i pazienti negativi alla malattia minima residua è, complessivamente, del 42,5% nei pazienti Ph-like, e del 17,5% negli altri.
Questo sottotipo di leucemia rappresenta circa il 15-30% dei pazienti con LAL-B: è dunque necessario valutare una combinazione di strategie terapeutiche, simili a quelle impiegate per la LAL Philadelphia positiva, per trovare un trattamento migliore.
Un altro gruppo di pazienti, la cui incidenza è ben più rara, è rappresentata dai casi con riarrangiamenti a carico del gene MEF2D, che hanno presentato tutti ripresa di malattia, suggerendo che questo sottogruppo necessiti urgentemente di trattamenti mirati alternativi.
In conclusione, l’introduzione di Blinatumomab nel trattamento di prima linea risulta altamente efficace nel migliorare la prognosi della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia negativa dell’adulto. ( Xagena_2023 )
Fonte: American Society of Hematology ( ASH ) Annual Meeting, 2023
Xagena_Salute_2023