Leucemia linfatica cronica e malattia minima residua rilevabile, il regime U2, Ublituximab e Umbralisib, associato ad Ibrutinib produce remissioni durature
Da uno studio di fase 2 è emerso che l’aggiunta della combinazione di Ublituximab e Umbralisib ( regime U2 ) all’inibitore di BTK Ibrutinib ( Imbruvica ) produce remissioni durature con un profilo di tollerabilità favorevole nei pazienti con leucemia linfatica cronica con malattia minima residua ( MRD ) ancora rilevabile dopo una precedente terapia con Ibrutinib.
In questa sperimentazione, con un approccio di tipo personalizzato, il 77% dei pazienti trattati con la tripletta ha raggiunto una malattia minima residua non-rilevabile, con un tempo mediano di raggiungimento della prima non-rilevabilità di malattia MRD di 7.4 mesi.
Il 4% dei pazienti ha interrotto il trattamento dopo 24 cicli e ha continuato ad avere una malattia MRD non-rilevabile.
Il 19% dei pazienti è rimasto in terapia con una malattia MRD rilevabile, ma con la possibilità di raggiungere livelli non-rilevabili.
Il trattamento dei pazienti con leucemia linfatica cronica con terapie di combinazione di durata limitata nel tempo ha mostrato di produrre alti tassi di risposta obiettiva ( ORR ), anche duratura.
Tuttavia, questi regimi sono gravati da un’alta incidenza di tossicità e un rischio di sovratrattamento per i pazienti a esito favorevole.
Inoltre, è stato dimostrato che il trattamento continuativo con Ibrutinib in monoterapia aumenta il rischio di tossicità cumulativa e di resistenza acquisita.
Il nuovo studio si è basato sull'ipotesi che dopo un certo periodo di trattamento con Ibrutinib sarebbe stato possibile identificare un sottogruppo di pazienti con malattia minima residua rilevabile e per i quali un approccio di combinazione avrebbe prodotto un certo beneficio.
Ibrutinib è stato associato al regime U2. Ublituximab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 che ha mostrato di avere una maggiore citotossicità cellulare anticorpo-dipendente rispetto a Rituximab; Umbralisib è un nuovo inibitore orale di PI3K-delta e di CK1-epsilon che ha dimostrato di avere una maggiore ritenzione della capacità soppressiva delle cellule T-reg rispetto ad altri agenti come Idelalisib o Duvelisib, oltre che bassi tassi di tossicità immunomediata.
Nello studio multicentrico, in aperto, sono stati arruolati pazienti che avevano ricevuto Ibrutinib, in qualsiasi linea, per almeno 6 mesi e che avevano ancora una malattia minima residua rilevabile.
I pazienti hanno continuato ad assumere Ibrutinib alla dose precedentemente tollerata e successivamente è stato aggiunto il regime U2.
Umbralisib è stato somministrato per os alla dose di 800 mg/die e Ublituximab alla dose di 900 mg per via endovenosa. La dose di Ublitixumab è stata assunta il giorno 1/2 [ split 150/750 mg ], e poi nei giorni 8 e 15, durante il ciclo 1; successivamente l’anticorpo è stato somministrato il giorno 1 dei cicli dal 2 al 6, e il giorno 1 ogni 3 cicli successivi.
Lo stato di malattia minima residua è stato valutato ogni 3 cicli di trattamento.
Per i pazienti che hanno raggiunto la non-rilevabilità della malattia minima residua, la valutazione della malattia MRD veniva ripetuta dopo 28 giorni, e coloro che per due volte consecutive avevano una malattia MRD non-rilevabile nel sangue periferico entravano in un periodo di osservazione senza trattamento.
A prescindere dallo stato della malattia minima residua, i pazienti potevano ricevere un massimo di 24 cicli di trattamento con la tripletta, prima di entrare nella fase di osservazione senza trattamento.
Il protocollo dello studio prevedeva, inoltre, che i pazienti che andavano incontro a progressione dopo essere stati in osservazione senza trattamento per almeno 6 mesi, potevano essere ritrattati con la tripletta.
L'endpoint primario dello studio era il tasso di malattia minima residua non-rilevabile, considerando promettente il trattamento in presenza di un tasso di conversione della malattia MRD da rilevabile a non-rilevabile di almeno il 25%.
Tra gli endpoint secondari vi erano la sicurezza e la durata del beneficio clinico dopo l’interruzione del trattamento.
La sicurezza è stata valutata su 28 pazienti, mentre l'efficacia su 27.
L'età mediana dei pazienti era di 64 anni ( intervallo, 48-81 ), il 79% era di sesso maschile e la maggior parte ( n=26 ) aveva un performance status ECOG pari a 0.
La durata mediana del precedente trattamento con Ibrutinib era di 21 mesi ( intervallo, 7-67 ), con la risposta parziale a rappresentare la miglior risposta al trattamento.
Inoltre, quasi il 70% dei pazienti aveva ricevuto Ibrutinib come trattamento di prima linea, mentre i restanti come trattamento per la malattia recidivata o refrattaria.
Il numero di linee precedenti di trattamento effettuate ( escludendo il trattamento in corso con Ibrutinib ) era pari a 1 ( intervallo: 1-2 ) e tutti i partecipanti erano stati sottoposti in precedenza a chemioterapia.
Il 67% dei pazienti aveva geni IGHV non-mutati, il 21% era portatore della delezione del(11q) e il 7% della delezione del(17p).
Tra coloro che sono stati trattati con la triplice terapia, il 77% ha raggiunto malattia minima residua non-rilevabile.
17 pazienti sono entrati nel periodo di osservazione senza trattamento. Un paziente sottoposto ad osservazione senza trattamento è progredito e ha richiesto una terapia successiva entro 6 mesi dall'interruzione del trattamento, per cui non era idoneo per il ritrattamento secondo il protocollo.
Il tempo mediano di osservazione senza trattamento è stato di 11 mesi, e dei 17 pazienti che hanno interrotto la terapia, il 53% è rimasto con malattia minima residua non-rilevabile.
Riguardo alla sicurezza del trattamento, gli eventi avversi di qualsiasi grado più comuni sono stati diarrea ( 32% ), ipertensione ( 18% ), anemia ( 18% ), contusioni ( 18% ), affaticamento ( 18% ), aumento delle transaminasi ( 14% ), tosse ( 14% ), cefalea ( 14% ), nausea ( 14% ), COVID-19 ( 11% ), diminuzione dell'appetito ( 11% ) e calo di peso ( 11% ).
L’evento avverso di grado 3/4 più frequente è stata la diarrea ( 4% ), seguita da ipertensione ( 7% ), aumento delle transaminasi ( 4% ) e COVID-19 ( 4% ).
Due pazienti hanno interrotto completamente i farmaci a causa di tossicità, uno per rash e l'altro per rash e artralgia; entrambi avevano una malattia minima residua non-rilevabile al momento dell'interruzione.
Inoltre, è stato registrato un decesso a causa di complicazioni legate al COVID-19 103 giorni dopo aver interrotto il trattamento con il regime U2. ( Xagena_2021 )
Fonte: American Society of Hematology ( ASH ) Annual Meeting, 2021
Xagena_Medicina_2021