Farmaci potenzialmente emolitici per i portatori di deficit di G6PD


Dopo i primi studi sulle proprietà emolitiche della Primachina, per anni i farmaci con proprietà ossidanti sono stati considerati la causa principale delle crisi emolitiche nei pazienti con deficit di G6PD, da ciò è nata l’esigenza di elencare tutte le sostanze che potevano rappresentare un rischio di emolisi.

Il primo elenco dei farmaci segnalati come emolitici è stato pubblicato sul bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Da allora sulla base di dati clinici e di laboratorio disponibili sono state proposte dalla letteratura scientifica liste di farmaci classificati secondo diverse categorie di rischio negli anni sottoposte a frequenti revisioni.

Antinfiammatori

Per quanto riguarda Acido Acetilsalicilico ( Aspirina ) e Paracetamolo le opinioni sono controverse; diversi autori ritengono che questi farmaci, se assunti a dosi terapeutiche, possano essere ben tollerati dai soggetti con deficit di G6PD. Tuttavia va segnalato che: i) l’assunzione di Acido Acetilsalicilico ha comportato episodi emolitici in alcuni soggetti con deficit enzimatico; ii) in una casistica italiana su circa 500 carenti, il 3% ha sofferto una crisi emolitica attribuita alla terapia con Acido Acetilsaliclico; iii) uno studio in vitro e alcuni case report hanno dimostrato l’effetto emolizzante del Paracetamolo.
Altri farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ), il cui principio attivo è costituito da Ketoprofene o Ibuprofene, appaiono ben tollerati.
Una menzione a parte merita il Nimesulide, farmaco di vasto impiego, appartenente alla famiglia delle sulfonamidi, sostanze considerate emolitiche per tutti i carenti di G6PD e messo in discussione per la sua epatotossicità. Gli studi clinici, non mirati a soggetti carenti, ne hanno dimostrato l’ efficacia come analgesico e antipiretico, ma non menzionano l’emolisi come effetto collaterale o avverso. Il farmaco è commercializzato dal 1985 in Europa, Stati Uniti e Giappone; in India, dove è in commercio dal 1996, sono stati segnalati due casi di emolisi in bambini conseguenti alla sua somministrazione.

Analgesici e antipiretici

L’attribuzione di un effetto emolitico certo a questa classe di farmaci può essere difficoltoso perché la febbre, oltre a provocare di per se uno stress ossidativo, è spesso dovuta alle infezioni, altra importante causa di attacchi emolitici nei soggetti con deficit di G6PD. Tuttavia sono stati segnalati alcuni casi di emolisi in seguito a somministrazione di farmaci pirazolonici e uno studio, in vivo su animali da laboratorio e in vitro sull’enzima purificato, ha dimostrato che la Noramidopirina metansolfonato ( Novalgina ) è in grado di inibire l’attività della G6PD.

Vitamina K e analoghi

Un rischio ben noto del periodo neonatale è rappresentato dalla malattia emorragica del neonato, dovuta a deficit congenito di vitamina K. Come misura cautelativa, fin dagli anni ’50, in molti Paesi è stata introdotta e fortemente raccomandata per tutti i neonati la profilassi con vitamina K. Questa vitamina è presente in natura principalmente come fillochinone o vitamina K1, di origine vegetale, e menachione o vitamina K2, di origine batterica. Esiste poi una vitamina K di origine sintetica, il menadione o vitamina K3 e i suoi derivati idrosolubili: menadione sodio bisolfito e menadiolo sodio difosfato. I derivati idrosolubili del menadione, genericamente denominati analoghi della vitamina K, sono sostanze ossidanti e la loro somministrazione per via parenterale a dosi elevate, ha provocato crisi emolitiche anche gravi in neonati e donne in gravidanza non affetti da deficit di G6PD.
La vitamina K1, somministrata in dosi opportune, non sembra comportare simili problemi, come è stato dimostrato da alcuni studi in vitro e, indirettamente, dall’uso pluriennale di vitamina K1 per la profilassi neonatale anche in Paesi ad alta incidenza di deficit di G6PD, senza che siano stati denunciati casi di emolisi grave.
Inoltre uno studio in vitro effettuato per verificare se la terapia con vitamina K potesse avere un ruolo nell’ittero che si sviluppa in alcuni neonati con deficit di G6PD, ha dimostrato che i campioni di sangue di cordone ombelicale con deficit di G6PD, incubati con dosi elevate di vitamina K1, non mostrano un rischio di danno ossidativo maggiore rispetto ai campioni di sangue ombelicale normale.

Antivirali

L’uso della terapia standard per l’infezione da virus dell’epatite C ( combinazione di Interferone e Ribavirina ) comporta come grave effetto collaterale l’anemia, dovuta principalmente alla emolisi intravascolare indotta dalla Ribavirina e all’azione dell’Interferone sul midollo osseo. I dati di alcune casistiche sul rischio aggiuntivo di emolisi dovuto al deficit di G6PD sono contraddittori.
In particolare, alcuni studi prospettici effettuati tutti con lo stesso metodo, misurazione del livello di emoglobina prima, durante e dopo il trattamento a dosi terapeutiche di Ribavirina e Interferone, sono giunti a conclusioni opposte.
In un primo studio su 112 pazienti con epatite cronica da virus HCV fra cui 26 carenti di G6PD ( 23% ) non è stata dimostrata nei pazienti carenti un’anemia più grave rispetto ai non carenti.
Invece in un secondo studio su 383 pazienti fra cui 33 carenti ( 7.8% ) il deficit di G6PD è stato associato allo sviluppo di uno anemia emolitica più grave durante la terapia.
Infine uno studio effettuato in Sardegna su 68 pazienti, fra cui 26 carenti con la variante Mediterranea, ha confermato la possibilità di trattare con Ribavirina i pazienti con deficit di G6PD senza gravi conseguenze.
Altre terapie utilizzate nella cura dell’immunodeficienza acquisita da HIV ( virus dell’immunodeficienza umana ) comprendono farmaci con forte potere ossidante come il Dapsone, la Primachina, le sulfonamidi, fortemente rischiosi per i carenti di G6PD; pertanto è opportuno verificare con un dosaggio enzimatico l’eventuale presenza del deficit prima di iniziare le terapie farmacologiche.
Gli inibitori delle proteasi ( Amprenavir, Fosamprenavir, Tipranavir, Darunavir, Brecanavir ), potrebbero essere controindicati nei pazienti carenti in quanto contengono sulfonamide, sostanza potenzialmente emolitica. Tuttavia uno studio retrospettivo su 137 pazienti, fra cui 11 carenti, trattati con Fosamprenovir non ha evidenziato casi di anemia emolitica.

Anestetici

L’anestesia di un paziente affetto da deficit di G6PD richiede particolare attenzione nella scelta degli anestetici più adatti perché, almeno in teoria, l’impiego di farmaci che inibiscono l’attività della G6PD potrebbe peggiorare le condizioni del paziente sottoposto a un intervento chirurgico. Tuttavia gli studi specifici sull’argomento non sono molti.
Gli anestetici di uso più comune sono: i composti alogenati Alotano, Isofluorano e Sevoflurano, usati per l’anestesia generale come anestetici da inalazione; la Ketamina, somministrata endovena per interventi di breve durata; la Prilocaina, usata come anestetico locale e infine le benzodiazepine Diazepam e Midazolam impiegate come sedativi e ipnotici nella pre-anestesia.
Studi in vitro sull’attività della G6PD purificata da emolisati e messa in contatto con diversi farmaci anestetici hanno dimostrato che l’Alotano non esercita alcun effetto inibitorio sull’attività della G6PD, cosi come la Ketamina e la Prilocaina, mentre l’Isofluorano e il Sevoflurano sono in grado di inibire l’enzima in vitro.
Anche le benzodiazepine ( Diazepam, Midazolam ) hanno dimostrato un effetto inibitorio, per questo motivo gli autori dello studio ne sconsigliano l’associazione con Isofluorano o Sevoflurano.
Tuttavia in alcuni casi l’anestesia di pazienti carenti di G6PD è stata effettuata con successo somministrando le sostanze oggetto dello studio in vitro in opportune dosi e associazioni.
Per quanto riguarda gli anestetici locali come la Benzocaina e la Prilocaina, questi farmaci possono indurre metemoglobinemia. In questo caso nei pazienti con deficit di G6PD non può essere utilizzato il consueto trattamento con Blu di metilene, sostanza fortemente emolitica.

Medicinali di origine vegetale

L’uso di medicinali a base di erbe è molto diffuso in Cina dove questi prodotti rappresentano più del 70% dei rimedi inclusi nella farmacopea tradizionale, ma anche negli Stati Uniti e in Europa si fa largo uso di prodotti erboristici.
Negli ultimi anni la Comunità Europea ha emesso una direttiva, recepita in Italia, che prevede una procedura di registrazione semplificata per i medicinali vegetali tradizionali per i quali spesso non esistono dati sufficienti, ad esempio studi clinici, per essere autorizzati con le procedure che attualmente regolano l’immissione in commercio dei farmaci. La direttiva si basa sul presupposto che l’uso tradizionale, pluriennale del medicinale possa in qualche modo sostituire la sperimentazione clinica.
I dati disponibili in letteratura sull’eventuale effetto emolitico di queste sostanze nei soggetti con deficit di G6PD sono scarsi e riguardano poche sostanze rispetto alla varietà dei prodotti erboristici esistenti.
In un recente studio sono stati analizzati, con metodi in vitro e in vivo su animali di laboratorio, diciotto rimedi a base di erbe usate nella medicina tradizionale cinese; sei di questi ( Rhizoma Coptidis, Cortex Mountain, Radix Rehmanniae, Rhizoma Polygoni Cuspidati, Radix Bupleuri e Flos Chimonanthi ) hanno dimostrato un forte potere ossidante su eritrociti carenti di G6PD. In particolare il Rhizoma Captidis ha provocato gravi episodi emolitici fra i neonati in Cina dove è usato nella terapia dell’ittero neonatale.
E’ stato, inoltre, segnalato almeno un caso in cui anche l’uso topico di un prodotto erboristico contenente un’elevata percentuale di Mentolo ha provocato una crisi emolitica in un paziente con deficit di G6PD.
Un’altra sostanza di origine vegetale fortemente rischiosa per le persone con deficit di G6PD è il Lawsone usato più come cosmetico che come farmaco e comunemente noto con il nome di Hennè. I popoli di cultura araba usano l’Hennè sin da tempi antichissimi per decorare alcune parti del corpo, soprattutto piante dei piedi, palme delle mani e volto in occasioni importanti della vita sociale o religiosa, ma da alcuni anni l’uso dell’Hennè si è diffuso anche nei popoli occidentali come colorante per capelli o per i tatuaggi. ( Xagena_2010 )

Tratto da: Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi e farmaci - Donatella Maffi, Maria Pia Caforio, Maria Teresa Pasquino, Patrizia Caprari - ISS, 2010



Link: MedicinaNews.it

Emo2010 Farma2010

XagenaFarmaci_2010