Papillomavirus: cautela nel raccomandare la vaccinazione
Gardasil, il vaccino quadrivalente anti-papillomavirus, ha mostrato un’efficacia del 100% nei confronti dei sierotipi 6, 11, 16, 18 del papillomavirus umano ( HPV ) nelle donne che non erano state precedentemente esposte a questi sierotipi di virus HPV.
I sottotipi 16 e 18 di HPV sono responsabili del 70% dei tumori alla cervice.
Due studi clinici di ampie dimensioni, controllati con placebo, hanno mostrato l’effetto del vaccino anti-papillomavirus umano su importanti outcome ( risultati ) clinici, tra cui la percentuale di adenocarcinoma in situ e della neoplasia intraepiteliale cervicale dopo una media di 3 anni di follow.up.
Il vaccino ha dimostrato una significativa efficacia contro le lesioni cervicali ed anogenitali, correlate al tipo di HPV incluso nel vaccino, nelle donne con nessuna evidenza di precedente esposizione ai sierotipi vaccino-specifici.
Il vaccino ha anche dimostrato di essere sicuro.
Data la rarità del tumore cervicale, le lesioni cervicali preinvasive ad alto potenziale di invasività sono utilizzate come outcome surrogato per il tumore alla cervice.
L’adenocarcinoma in situ è una rara lesione, considerata essere un precursore del tumore.
La neoplasia intraepiteliale cervicale consta di 3 gradi sulla base di criteri istopatologici. La neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 1 indica la presenza di infezione attiva da HPV e non è considerata essere precancerosa e non necessita di trattamento. La neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 2 è trattata nella maggior parte delle donne ma fino al 40% le lesioni regrediscono spontaneamente; le attuali linee guida raccomandano di non trattare queste lesioni in alcune giovani donne. La neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 3 ha la più bassa probabilità di regressione ed ha un’alta potenzialità di essere invasiva.
Nello studio FUTURE I ( Females United to Unilaterally Reduce Endo/Ectocervical Direase ), l’incidenza di neoplasia intraepiteliale cervicale di grado da 1 a 3 o di adenocarcinoma in situ per 100 persone-anno è stata di 4.7 nel gruppo donne vaccinate e di 5.9 nelle donne non vaccinate, per un’efficacia del 20%.
Nello studio FUTURE II, di più ampie dimensioni, l’incidenza di neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 2-3 o di adenocarcinoma in situ era di 1.3 nelle donne vaccinate e di 1.5 nelle donne non vaccinate, per un’efficacia del 17%.
Nello studio FUTURE II il 93% dei soggetti non era vergine.
Quando l’outcome era rappresentato dalla neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 2-3 o dall’adenocarcinoma in situ, la differenza del rischio è apparsa essere modesta: 3,6% delle donne vaccimate ha ricevuto questa diagnosi nell’arco di 3 anni, contro il 4,4% delle donne non-vaccinate.
La differenza assoluta del rischio è stata dello 0.8%; questo indica che è necessario vaccinare 129 donne per prevenire 1 caso di neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 2-3 o di adenocarcinoma in situ, nell’arco di 3 anni.
Da questi dati emerge la necessità della vaccinazione prima dell’inizio dell’attività sessuale. La vaccinazione per le donne tra i 18 ed i 26 anni d’età non è raccomandata.
La modesta efficacia del vaccino sarebbe anche dovuta al ruolo di altri ceppi oncogeni di HPV. Ad oggi sono stati identificati 15 ceppi oncogenici.
Lo studio FUTURE II ha mostrato che il contributo dei ceppi oncogenici, non inclusi nel vaccino, riguardo alla neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 2-3 o all’adenocarcinoma in situ, era ragguardevole.
E’ anche emerso che tra le donne vaccinate, l’incidenza della malattia senza riguardo al ceppo HPV è continuata a crescere, facendo ipotizzare che altri ceppi oncogenici di HPV abbiano sostituito i ceppi HPV-16 e HPV-18.
Rimangono ancora da chiarire alcuni aspetti della vaccinazione contro il papillomavirus umano e tra questi: l’efficacia generale della vaccinazione, durata della protezione ed effetti indesiderati nel lungo periodo.
Per queste ragioni, gli Autori raccomandano prudenza nel raccomandare la vaccinazione anti-HPV. ( Xagena_2007 )
Sawaya GF, Smith-McCune K, N Engl J Med 2007; 356: 1991-1993
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