Pancreatite necrotizzante: preferibile l’approccio step-up minimamente invasivo alla necrosectomia in aperto


La pancreatite necrotizzante con tessuto necrotico infetto è associata a un alto tasso di complicazioni e morte.
Il trattamento standard è la necrosectomia in aperto.
L’esito potrebbe essere migliorato con un approccio step-up minimamente invasivo.

Un totale di 88 pazienti con pancreatite necrotizzante e presenza sospetta o confermata di tessuto necrotico infetto sono stati sottoposti a necrosectomia primaria in aperto o a un trattamento con approccio step-up.

Il trattamento step-up consisteva in drenaggio percutaneo seguito, se necessario, da necrosectomia retroperitoneale minimamente invasiva.

L’endpoint primario era un esito composito di complicazioni maggiori ( nuova insorgenza di insufficienza organica multipla o di complicazioni sistemiche multiple, perforazione degli organi viscerali o fistola enterocutanea o sanguinamento ) oppure mortalità.

L’endpoint primario si è manifestato nel 69% dei pazienti assegnati a necrosectomia in aperto e nel 40% di quelli assegnati all’approccio step-up ( risk ratio con l’approccio step-up, 0.57; P=0.006 ).

Tra i pazienti assegnati all’approccio step-up, il 35% è stato trattato solo con drenaggio percutaneo.

L’insufficienza organica multipla si è manifestata con minor frequenza nei pazienti assegnati all’approccio step-up rispetto a quelli assegnati a necrosectomia in aperto ( 12% vs 40%, P=0.002 ).

Il tasso di mortalità non ha mostrato differenze significative tra i gruppi ( 19% vs 16%, P=0.70 ).

I pazienti del gruppo approccio step-up hanno mostrato un tasso inferiore di ernie incisionali ( 7% vs 24%, P=0.03 ) e di diabete mellito di nuova insorgenza ( 16% vs 38%, P=0.02 ).

Lo studio ha mostrato che un approccio step-up minimamente invasivo, rispetto alla necrosectomia in aperto, riduce il tasso di endpoint composito di complicazioni maggiori o mortalità tra i pazienti con pancreatite necrotizzante e tessuto necrotico infetto. ( Xagena_2010 )

van Santvoort HC et al, N Engl J Med 2010; 362: 1491-1502



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