Zejula a base di Niraparib per il trattamento del cancro dell’ovaio avanzato
Zejula, il cui principio attivo è Niraparib, è un medicinale antitumorale utilizzato nelle pazienti affette da cancro dell’ovaio avanzato, in cui rientrano il cancro dell’ovaio, delle tube di Falloppio o del peritoneo.
Zejula può essere impiegato in monoterapia per il trattamento di mantenimento:
- nelle pazienti con nuova diagnosi di cancro in fase avanzata in cui il cancro si è ridotto o è scomparso con un medicinale a base di Platino;
- nelle pazienti in cui il cancro è ricomparso dopo aver risposto a un precedente trattamento e in cui il cancro si è ridotto o è scomparso con un medicinale a base di Platino.
Il cancro dell’ovaio è raro e Zejula è stato qualificato come “medicinale orfano” (medicinale utilizzato nelle malattie rare) il 4 agosto 2010.
Zejula è disponibile sotto forma di capsule (100 mg) da assumere per bocca. La dose è di due o tre capsule una volta al giorno, in base al peso della paziente, alla conta delle piastrine e alla ricomparsa o meno del cancro dopo un precedente trattamento. Il trattamento deve proseguire finché la paziente ne trae beneficio. Il medico può interrompere il trattamento o ridurre la dose se la paziente manifesta determinati effetti indesiderati.
Il principio attivo di Zejula, Niraparib, blocca l’azione degli enzimi denominati PARP-1 e PARP-2, che aiutano a riparare il DNA danneggiato nelle cellule quando queste si dividono per moltiplicarsi. Bloccando gli enzimi PARP, il DNA danneggiato nelle cellule tumorali non può essere riparato e, di conseguenza, le cellule tumorali muoiono.
Zejula ha incrementato il tempo di sopravvivenza delle pazienti senza peggioramento della malattia nell’ambito di due studi principali condotti su oltre 1 000 pazienti affette da cancro dell’ovaio, in cui rientrano il cancro delle tube di Falloppio o del peritoneo.
Uno studio è stato condotto su pazienti affette da cancro epiteliale dell’ovaio di alto grado che era ricomparso dopo un precedente trattamento a base di due o più terapie a base di Platino. Le pazienti avevano avuto una risposta duratura (il cancro non era progredito per almeno 6 mesi) prima dell’ultima terapia a base di Platino. Dopo il trattamento con Zejula, le pazienti sono vissute in media 11,3 mesi senza un peggioramento della malattia, rispetto ai 4,7 mesi delle pazienti a cui era somministrato un placebo.
Un altro studio è stato condotto su pazienti affette da cancro epiteliale dell’ovaio di alto grado trattate unicamente con un medicinale a base di Platino e in cui il tumore si è ridotto o è scomparso. Le pazienti che hanno successivamente continuato il trattamento con Zejula sono vissute 13,8 mesi senza peggioramento della malattia, rispetto agli 8,2 mesi delle pazienti a cui era somministrato un placebo.
Gli effetti indesiderati più comuni di Zejula (che possono riguardare più di 1 persona su 10) sono nausea, trombocitopenia, stanchezza e debolezza, anemia, stipsi, vomito, dolore addominale, neutropenia, insonnia, cefalea, mancanza di appetito, diarrea, dispnea, ipertensione, dolore dorsale, capogiro, tosse, dolore articolare, vampate di calore e diminuzione dei globuli bianchi. Gli effetti indesiderati gravi annoverano trombocitopenia e anemia.
Zejula non deve essere somministrato a pazienti in fase di allattamento.
Sebbene siano disponibili trattamenti per il cancro dell’ovaio avanzato, la malattia ricompare inevitabilmente. È stato dimostrato che Zejula prolunga il periodo che precede il peggioramento della malattia nelle pazienti che hanno risposto alle terapie a base di Platino, il che può consentire di ritardare il trattamento del cancro dell’ovaio. Per quanto riguarda la sicurezza, gli effetti indesiderati sono generalmente gestibili riducendo la dose. Pertanto, l’Agenzia europea per i medicinali, EMA, ha deciso che i benefici di Zejula sono superiori ai rischi. ( Xagena_2020 )
Fonte: EMA ( European Medicines Agency ), 2020
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