Radioterapia nel cancro al seno causa stenosi coronarica


Secondo uno studio della Uppsala University in Svezia, le donne sottoposte a radioterapia per il tumore mammario hanno più probabilità di sviluppare ostruzioni nelle aree delle arterie coronariche esposte alle radiazioni.

Le probabilità di sviluppare stenosi di qualsiasi gravità nelle zone medie e distali, così come nel ramo diagonale distale dell’arteria discendente anteriore sinistra, erano significativamente maggiori per le donne con tumore al seno irradiato al lato sinistro rispetto a quelle che avevano la patologia al lato destro.

Inoltre, i regimi di radioterapia classificati ad alto rischio sono stati associati a maggiore probabilità di stenosi di grado 3-5 nelle aree delle arterie coronarie con più esposte alle radiazioni.

Secondo Greger Nilsson dell’Università di Uppsala in Svezia et altri, le arterie coronarie devono essere considerate organi a rischio nella radioterapia.

Anche se la radioterapia migliora gli esiti del tumore alla mammella, studi precedenti hanno collegato questa procedura ad un aumento dei rischi cardiovascolari.
La fisiopatologia della malattia cardiaca indotta da radiazioni coinvolge la microangiopatia dei piccoli vasi e la macroangiopatia delle arterie coronarie, con conseguente fibrosi del miocardio, malattia coronarica e cardiopatia ischemica.

Per esplorare il rapporto tra radioterapia e aree specifiche delle arterie coronariche, i ricercatori hanno esaminato i dati di una coorte di donne svedesi con diagnosi di tumore al seno nel periodo 1970-2003.
Questa informazione è stata collegata a due registri di pazienti sottoposti ad angiografia coronarica tra il 1990 e il 2004.

L’analisi ha riguardato 199 donne con carcinoma mammario invasivo o carcinoma duttale in situ che sono state sottoposte ad angiografia coronarica.
L'età media alla diagnosi di cancro al seno era di 58.2 anni.
Circa due terzi delle donne ( 62% ) erano state sottoposte a radioterapia.

Sono stati definiti due punti delle arterie coronariche che avevano più probabilità di essere esposti alle radiazioni: l’arteria coronaria destra ( ACD ) prossimale e le zone media e distale e il ramo distale diagonale dell’arteria discendente anteriore ( ADA ) sinistra.

Inoltre i regimi di radioterapia sono stati classificati come aventi basso o alto rischio di irradiare le aree punto.
I regimi che coinvolgevano seno / parete toracica sinistra sono stati considerati ad alto rischio di irradiare LAD.
Quelli che coinvolgevano la catena mammaria interna sinistra sono stati considerati ad alto rischio di irradiare entrambi i punti ( ACD e LAD ) fino al 1995, e dopo quella data, solo LAD.

I regimi che coinvolgevano la catena mammaria interna destra sono stati considerati ad alto rischio di irradiare l’arteria coronaria destra prossimale.
La radioterapia al lato sinistro della mammella ( rispetto alla malattia al lato destro ) non è risultata associata a stenosi dell’ACD prossimale, ma era associata a quote crescenti di stenosi di una certa gravità nell’arteria discendente anteriore sinistra: odds ratio, OR=2.04 per stenosi di grado 1-5; OR=4.38 per stenosi di grado 3-5; OR=7.22 per stenosi di grado 4-5.

I regimi di radioterapia ad alto rischio ( rispetto ai regimi a basso rischio o a nessuna radiazione ) erano associati a maggiori probabilità di stenosi nei punti definiti: OR=1.90 per stenosi di grado 3-5; OR=1.87 per stenosi di grado 4-5.

I risultati hanno fornito ulteriore sostegno alla crescente evidenza che la radioterapia può causare la malattia coronarica, e che sembra esserci un'associazione tra la posizione della radioterapia erogata e la posizione degli eventi coronarici in eccesso.

Gli studi hanno indicato che i rischi di malattia coronarica appaiono essere minori con tecniche più moderne che riducono il grado di esposizione cardiaca.

Lo studio presenta alcuni limiti: l’incapacità di calcolare la dose di radiazioni per ogni donna, la mancanza di informazioni sui fattori di rischio cardiovascolare, e il possibile confondimento da altri trattamenti. ( Xagena_2011 )

Fonte: Journal of Clinical Oncology, 2011



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