Malattie cerebrovascolari: epidemiologia


Tra il 1970 e il 2008, l’incidenza dell’ictus cerebrale si è ridotta di oltre il 40%, passando da 163 a 94 casi per 100.000 abitanti per anno, nei Paesi ad alto reddito, mentre nei Paesi a reddito medio o basso l’incidenza è più che raddoppiata, con un incremento da 52 a 117 casi per 100.000 abitanti per anno.
Contemporaneamente, la mortalità precoce per ictus è diminuita sia nei Paesi ad alto reddito sia in quelli a reddito medio o basso.
Il calo di incidenza dell’ictus cerebrale nei Paesi ad alto reddito contrasta con il continuo aumento dell’età media della popolazione.

L’efficace controllo di alcuni fattori di rischio ha contribuito a prevenire l’insorgenza di nuovi ictus cerebrali, non potendosi escludere l’impatto della premorienza rispetto alla possibile insorgenza dell’ictus cerebrale per altre patologie competitive fatali quali le neoplasie, le sepsi e la broncopneumopatia cronica ostruttiva.

I dati della letteratura suggeriscono che la diminuita mortalità per ictus abbia contribuito, nel tempo, all’incremento della prevalenza con aumento del peso sociale ( burden ) della patologia in termini di disabilità e perdita di produttività, soprattutto nella fascia di popolazione più giovane.
I dati disponibili evidenziano una maggior incidenza dell’ictus cerebrale nei maschi rispetto alle femmine, come possibile conseguenza del maggior carico in essi di taluni fattori di rischio; l’incidenza è tuttavia diminuita in entrambi i sessi dal 1990 al 2013, nelle femmine più che nei maschi, riducendosi soprattutto nelle fasce di età più elevate della popolazione con una tendenza all’incremento nei giovani.

L’ictus ischemico rappresenta circa l’80% degli eventi cerebrovascolari acuti; più rari sono l’emorragia intracerebrale ( 15-20% ), l’emorragia subaracnoidea ( 3-5% ) e gli eventi cerebrovascolari acuti mal definiti ( 1-3% ).

Anche in Italia l’incidenza dell’ictus cerebrale globalmente si è ridotta nelle ultime due decadi da 293 a 143 casi per 100.000 abitanti per anno, risultando lievemente più alta nelle femmine ( 147 casi per 100.000 abitanti per anno ) che nei maschi ( 139 casi per 100.000 abitanti per anno ) e con un incremento dal 35.7% al 47.8% negli ultra80enni.
La mortalità è del 20-30% a 30 giorni dall’evento e del 40-50% a distanza di un anno.

Secondo dati altrettanto recenti il TIA ha un’incidenza pari a 35 casi per 100.000 abitanti per anno con il 10% circa di recidive a 5 anni.

La progressiva riduzione dell’incidenza riportata dai recenti dati epidemiologici trova corrispondenza nei dati delle schede di dimissione ospedaliera ( SDO ), che dimostrano una progressiva riduzione del volume dei ricoveri per ictus ischemico ( incluse le recidive ) dal 2009 al 2017, da 98.555 a 88.533 ( -10.2% ).
Si deve pertanto ritenere che l’ictus cerebrale sia una patologia il cui peso nella popolazione generale si stia progressivamente modificando grazie all’identificazione puntuale e accurata dei fattori di rischio, modificabili e non, e delle terapie sempre più mirate ed efficaci sui diversi target.
A tutto ciò contribuisce sempre più anche la diffusione del trattamento dell’ictus ischemico acuto, sia con trombolisi endovenosa sia con approccio endovascolare nei casi di acclarata occlusione di un grosso vaso arterioso intracranico.

L’ictus cerebrale è raro in gravidanza ( 34 casi per 100.000 parti ), mentre per quanto riguarda l’età evolutiva, il Registro Italiano Trombosi Infantili ( R.I.T.I. ) dal 2007 al 2012 ha registrato 79 casi ( 49 maschi e 30 femmine ) di ictus cerebrale ischemico in bambini di età media di 4.5 anni, e 91 casi ( 65 maschi e 26 femmine ) di trombosi dei seni venosi cerebrali in bambini con una età media pari a 7.1 anni.

La trombosi venosa cerebrale rappresenta lo 0.5-1% di tutti gli eventi vascolari cerebrali con una incidenza annuale di 3-4 casi per milione/anno negli adulti e di 7 casi per milione nei neonati.

Negli ultimi anni è relativamente aumentata l’incidenza nei giovani, probabilmente anche in rapporto al miglioramento delle tecniche diagnostiche. ( Xagena_2019 )

Fonte: Ministero della Salute, 2019

Xagena_Medicina_2019