Ciclofosfamide per l’emorragia alveolare polmonare causata da leptospirosi
Il grave coinvolgimento polmonare nella leptospirosi porta a tassi di mortalità elevati, ed è la più comune causa di morte per leptospirosi in molte parti dell'India e del resto del mondo.
Un’esacerbata risposta immunitaria dell'ospite svolge un ruolo importante nella patogenesi della malattia, pertanto, i farmaci immunosoppressori possono essere utili nel suo trattamento.
I glucocorticoidi hanno dimostrato di essere utili in diversi studi. La Ciclofosfamide ( Endoxan ), un agente immunosoppressivo, si è resa utile nella maggior parte delle emorragie alveolari polmonari dovute a cause non legate alla leptospirosi.
È stata condotta una ricerca per studiare gli effetti della Ciclofosfamide nei pazienti con emorragia polmonare alveolare da leptospirosi.
Sono stati inclusi nello studio 65 pazienti con leptospirosi confermata con grave coinvolgimento polmonare, ricoverati in un centro di cura nel Gujarat del sud.
Tutti i pazienti sono stati trattati con iniezioni di Penicillina cristallina, terapia con Metilprednisolone e ventilazione meccanica non-invasiva.
In totale, a 33 pazienti è stata somministrata Ciclofosfamide parenterale 60 mg/kg.
I risultati sono stati confrontati con i rimanenti 32 pazienti, a cui non è stato dato questo farmaco.
La sopravvivenza è stata considerata come il principale risultato indicatore.
Dei 33 pazienti trattati con Ciclofosfamide, 22 ( 66.7% ) sono sopravvissuti, mentre nel gruppo di controllo di 32 pazienti sono sopravvissuti in 3 ( 9.4% ).
In sede di analisi statistica, l'odds ratio ( OR ) è risultato pari a 19.33 e il valore p è stato inferiore a 0.001.
La leucopenia ( 78.78% ) e l’alopecia ( 18.75% ) sono stati i principali effetti collaterali osservati. Nessuna mortalità è stata registrata a causa di questi effetti collaterali.
In conclusione, la Ciclofosfamide può aumentare la sopravvivenza nei casi di grave emorragia alveolare polmonare causata dalla leptospirosi. ( Xagena_2009 )
Trivedi SV et al, Indian J Crit Care Med 2009; 13: 79-84
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