Malattia renale cronica: nessun beneficio dalla correzione dell’anemia a valori target di emoglobina di 13.5 g/dl
L’anemia è una comune complicanza della malattia renale cronica e generalmente si sviluppa come una conseguenza della deficienza di eritropoietina.
In questi casi i pazienti sono trattati con Eritropoietina umana ricombinante ( Epoetina alfa; Procrit, in Italia: Eprex ) per correggere l’anemia.
Tuttavia, il livello ottimale della correzione dell’emoglobina non risulta ben definito.
Lo studio in aperto CHOIR ha arruolato 1432 pazienti con malattia renale cronica.
Di questi, 715 sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una dose di Epoetina alfa con l’obiettivo di raggiungere un livello di emoglobina di 13.5 g/dl, e 717 sono stati, invece, assegnati a ricevere un dosaggio con livello target di emoglobina di 11.3 g/dl.
La durata mediana dello studio è stata di 16 mesi.
L’end point primario composito consisteva di morte, infarto miocardico, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca congestizia ( senza terapia di sostituzione renale ), ed ictus.
Nel periodo osservazionale si sono presentati 222 eventi compositi: 125 eventi nel gruppo ad alto livello di emoglobina e 97 nel gruppo a basso livello di emoglobina ( hazard ratio, HR = 1.34; p = 0.03 ).
Un totale di 65 pazienti sono morti ( 29.3% ); ci sono state 101 ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca congestizia ( 45.5% ); 25 pazienti sono andati incontro ad infarto miocardico ( 11.3% ) e 23 a ictus ( 10.4% ).
Sette pazienti ( 3.2% ) sono stati ospedalizzati per insufficienza cardiaca congestizia ed infarto miocardico, ed 1 paziente ( 0.5% ) è morto dopo aver sofferto di ictus.
Miglioramenti nella qualità di vita sono risultati simili in entrambi i gruppi.
Più pazienti nel gruppo con target più alto di emoglobina hanno presentato almeno un grave evento avverso.
Il target di emoglobina di 13.5 g/dl, rispetto a quello di 11.3 g/dl, è risultato associato ad un aumentato rischio e a nessun miglioramento della qualità di vita. ( Xagena_2006 )
Singh AK et al, N Engl J Med 2006; 355: 2085-2098
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