Il microchip che ridà la vista

A cura di dott. Andrea Valli -Oculista - (Occhio.it)

Un'équipe di chirurghi americani ha impiantato, per la prima volta su esseri umani, una retina artificiale di silicio, un microscopico processore, più piccolo di una punta di spillo e più sottile di un capello, su pazienti affetti da una forma molto avanzata di ritinite pigmentosa.
Questa malattia, gravissima patologia degenerativa della retina per la quale non esistono attualmente cure, costituisce, insieme alla degenerazione maculare, la prima causa di cecità in età adulta, colpendo in Italia oltre 30 mila persone.
Se si dimostrerà funzionante, il chip ideato dai fratelli Alan e Vincent Crow, un oftalmologo e un ingegnere elettronico, costituirà per i retinopatici la prima concreta speranza di recuperare la vista.
La retina artificiale è inserita dietro la retina naturale, in una tasca creata appositamente. Il piccolo processore, che si avvale della luce naturale che entra nell'occhio, senza dunque aver bisogno di batterie o cavi (i ricercatori devono però ancora stabilire se l'occhio riceve abbastanza luce da solo per far funzionare adeguatamente il chip), contiene oltre 3.500 celle solari, ciascuna col suo elettrodo e in grado di convertire l'energia luminosa in impulsi elettrici capaci di stimolare le cellule retinali ancora funzionanti.
Poiché sia la retinite pigmentosa che la degenerazione maculare distruggono lentamente le cellule fotosensibili che si trovano sul fondo dell'occhio, i coni e i bastoncelli, provocando la perdita progressiva della vista, l'impianto del microchip potrebbe migliorare sensibilmente la vista del paziente.
E' presto per parlare di vittoria, siamo solo agli inizi della sperimentazione e occorrerà tempo per eliminare i molti limiti di tale nuova terapia.
(Xagena 2001)