Chemioterapia di seconda linea nel tumore ovarico a cellule chiare ricorrente: studio MITO-9


Il carcinoma ovarico a cellule chiare ha una prognosi più sfavorevole di altri sottotipi di cancro ovarico.
È stata valutata la risposta alla chemioterapia di seconda linea nel tumore all'ovaio a cellule chiare ricorrente.

Il progetto MITO-9 ha studiato una coorte di pazienti osservate tra il 1991 e il 2007 in 20 Centri.
Sono stati individuati 72 su 240 pazienti con malattia ricorrente ( 28% fase I-II e 72% fase III-IV alla diagnosi ).

Nel 56% delle pazienti, l'istologia a cellule chiare era pura. 25 pazienti erano resistenti al Platino, 18 erano sensibili al Platino con un intervallo libero da Platino di 6-12 mesi, e 29 avevano un intervallo libero da Platino superiore a 12 mesi.
Dopo la recidiva, il 47% delle pazienti è stato trattato con la chemioterapia a base di Platino secondo l'intervallo libero da Platino.

Il tasso di risposta complessivo ( RR ) al Platino è stato dell'80%, con RR del 55%, 100% e 80% in pazienti, rispettivamente, con intervallo libera da Platino di 6-12 mesi, superiore a 12 mesi e superiore a 24 mesi.

Il tasso di risposta ad agenti non-a-base di Platino in pazienti resistenti è stato del 33%. Tra gli agenti non a base di Platino utilizzati nei casi di resistenza primaria e secondaria, Gemcitabina, somministrata in 12 casi, ha avuto una maggiore attività (RR=66%) rispetto a Topotecan o Doxorubicina liposomiale (n=31, RR=33% e 10% rispettivamente).

In conclusione, lo studio ha dimostrato che il trattamento del carcinoma ovarico a cellule chiare, ricorrente, dovrebbe essere basato sull'indice libera da Platino come negli altri sottotipi.
I dati nelle pazienti resistenti al Platino indicano la Gemcitabina come il farmaco con la massima attività. ( Xagena_2014 )

Esposito F et al, Oncology 2014; 86: 351-358

Xagena_Medicina_2014