Nivolumab nel trattamento di seconda linea del tumore polmonare non a piccole cellule a istologia squamosa


Nivolumab ( Opdivo ) è un anticorpo monolocale completamente umanizzato IgG4, in grado di bloccare il legame di PD-L1 e PD-L2, interagendo e bloccando il recettore PD-1 con un’alta affinità.

Studio CheckMate-063

Nivolumab alla dose di 3 mg/kg ogni 2 settimane è stato valutato nello studio di fase II CheckMate-063, nel quale sono stati arruolati 140 pazienti, affetti da tumore al polmone non-a-piccole cellule ( NSCLC ) esclusivamente con istologia squamosa.
Dal 2012 al 2013, 117/140 sono stati trattati con Nivolumab.

Lo studio aveva come obiettivo primario la valutazione delle risposte al trattamento, esaminate da un Comitato di revisione indipendente ( IRC ), utilizzando i criteri RECIST 1.1.

La valutazione delle risposte al trattamento ha evidenziato una risposta parziale nel 14.5% dei casi ( 17/117 ) e una stabilità di malattia nel 25.6% ( 39/117 ).
Il tempo medio alla risposta è stato di 3.3 mesi.

La sopravvivenza mediana senza progressione ( PFS ) è stata pari a 1.9 mesi ( IC 95% 1.8-3.2 ), mentre la PFS a 6 mesi è stata del 25.9% e del 20% a 1 anno.

La sopravvivenza mediana globale è stata di 8.2 mesi ( IC 95% 6.1-10.9 ) e la sopravvivenza globale a 1 anno pari al 40.8% ( IC 95% 31.6-49.7 ).

Sulla base di questi risultati estremamente incoraggianti, lo sviluppo del farmaco è stato proseguito in uno studio randomizzato di fase III verso Docetaxel.

Studio CheckMate 017

CheckMate-017, studio di fase III randomizzato riguardante i pazienti affetti da tumore NSCLC con istotipo squamoso e malattia avanzata o metastatica, ha testato l’efficacia e la tollerabilità di Nivolumab rispetto a Docetaxel nei pazienti in progressione durante o dopo una prima linea di chemioterapia a base di Platino.

Nello studio, 272 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane ( n=135 ) oppure Docetaxel 75 mg/mq ogni 3 settimane ( n=137 ). L’obiettivo primario era la sopravvivenza globale, mentre obiettivi secondari erano: il tasso di risposte obiettive ( ORR ), valutato mediante criteri RECIST 1.1; la sopravvivenza libera da progressione; il profilo di tossicità e la correlazione degli endpoint di efficacia con l’espressione di PD-L1.

In particolare, l’espressione di PD-L1 è stata valutata retrospettivamente, mediante immunoistochimica, sul tessuto recente o di archivio ottenuto prima del trattamento, attraverso l’utilizzo di un anticorpo monoclonale anti PD-L1 ( Dako, Clone 28-8, Epitomics ).
L’83% dei pazienti arruolati presentava tessuto valutabile per l’espressione di PD-L1 ( maggiore o uguale a 1%, maggiore o uguale a 5% e maggiore o uguale a 10% ).

Nella popolazione in studio, Nivolumab ha dimostrato un incremento statisticamente significativo della sopravvivenza globale ( mOS 9.2 vs 6.0 mesi; HR 0.59; p inferiore a 0.001 ).

La superiorità di Nivolumab rispetto a Docetaxel è stata confermata anche dagli obiettivi secondari: PFS è stata di 3.5 vs 2.8 mesi ( HR 0.62; p inferiore a 0.001 ) e ORR è stata del 20% rispetto al 9% del trattamento chemioterapico ( p=0.008 ).

L’aggiornamento di sopravvivenza, presentato da Hossein Borghaei all’ASCO del 2016, ha mostrato una percentuale di sopravvivenza globale a due anni del 23% vs 8% ( HR 0.62; IC 95% 0.47-0.80 ) sempre in favore del braccio di trattamento con Nivolumab.

Sicurezza e tollerabilità

Il profilo di tollerabilità e sicurezza di Nivolumab è stato definito dagli studi CheckMate-063 e CheckMate-017 su un totale di 248 pazienti, 117 dello studio di fase II e 131 del braccio ricevente Nivolumab dello studio di fase III.

Nello studio di fase II CheckMate-063, il 74% dei pazienti trattati con Nivolumab 3 mg/kg ha sviluppato eventi avversi, tra i quali i più comuni sono stati: fatigue ( 33% ), riduzione dell’appetito ( 19% ), nausea ( 15% ), astenia ( 12% ), rash cutanei ( 11% ) e diarrea ( 10% ).
L’incidenza di eventi avversi di grado 3-4 è stata del 17%.

In aggiunta ai disturbi precedentemente descritti, alcuni pazienti hanno sviluppato eventi avversi immuno-mediati: cutanei ( 15% ), gastrointestinali ( 10% ), endocrini ( 5% ) e polmonari ( 5% ).

Quattordici ( 12% ) pazienti hanno interrotto il trattamento in corso, a causa degli eventi avversi.

La maggior parte dei disturbi immuno-correlati è stata di grado lieve e si è risolta mediante la somministrazione di corticosteroidi e il ricorso a terapia di supporto.

Nello studio di fase III ( CheckMate-017 ), il 58% dei pazienti trattati con Nivolumab ha mostrato tossicità di ogni grado, mentre solo il 7% di tali reazioni è stato di grado 3-4, a fronte dell’86% nel gruppo di pazienti trattati con Docetaxel, in cui le tossicità di grado 3-4 si sono verificate nel 55% dei pazienti arruolati.

Come già mostrato nello studio CheckMate-063, le tossicità più frequenti sono state la fatigue ( 16% ), la riduzione dell’appetito ( 11% ) e l’astenia ( 10% ), mentre nel braccio di trattamento con il Docetaxel le più incidenti sono state neutropenia ( 33% ), fatigue ( 33% ), alopecia ( 22% ) e nausea ( 23% ).

Le tossicità immunomediate sono state identificate in circa l’8% dei pazienti e spesso erano di grado lieve: ipotiroidismo ( 4% ), diarrea ( 8% ), polmoniti ( 5% ), rash cutanei ( 4% ).

Solo il 3% dei pazienti è stato costretto a interrompere il trattamento con Nivolumab a causa di eventi avversi di grado severo.

Il profilo di tossicità dello studio CheckMate-017 è stato sovrapponibile ai risultati dei precedenti studi, dimostrando un vantaggio a favore del Nivolumab rispetto al trattamento con Docetaxel.
L’incidenza di tutti gli eventi avversi di ogni grado a 1 e 2 anni si è confermata ridotta in favore del Nivolumab verso il Docetaxel.

Biomarcatori

In questo momento di evoluzione nel campo dell’oncologia toracica, la ricerca di biomarcatori predittivi di risposta rimane il principale obiettivo.
Differenti studi hanno valutato e valutano ancora oggi il ruolo dell’espressione del PD-L1 come biomarcatore predittivo di risposta ai farmaci immunoterapici.

Nello studio CheckMate-063, l’espressione del PDL1 era stata valutata nel 74% dei pazienti, su tessuto d’archivio. Nello studio, sia pazienti con valutazione per PD-L1 positiva ( 33% ) sia quelli con valutazione negativa hanno ottenuto una risposta al trattamento.
Un terzo circa dei pazienti arruolati nello studio è risultato non-valutabile per il trattamento in corso.

Le risposte al trattamento ( RR ) sono risultate più frequenti nei tumori con espressione di positività ( superiore o uguale a 5% ), ma le differenze in ORR tra i due gruppi PD-L1 positivi vs negativi non è risultata statisticamente significativa.

Nello studio CheckMate-017, la valutazione dell’espressione di PD-L1 è stata valutata retrospettivamente sull’83% ( 225/272 ) dei pazienti arruolati nello studio, considerando 3 cut-off di valutazione ( 1%, 5% e 10% ).
I risultati hanno confermato che l’espressione di PD-L1 non era né prognostica né predittiva di risposta in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione.

Analisi sulla qualità di vita

Tali valutazioni, effettuate mediante Patient Reported Outcomes ( PRO ), venivano ripetute ogni due cicli per i pazienti trattati con Nivolumab, e a ogni ciclo per i pazienti che ricevevano Docetaxel, per i primi sei mesi di terapia e successivamente ogni sei settimane, quindi in due visite di follow-up post-trattamento.

I risultati dell’analisi EQ-5D hanno mostrato che rispetto al basale si evidenziava un lieve miglioramento della qualità di vita per i pazienti che ricevevano Nivolumab per oltre 36 settimane e un peggioramento per quelli che ricevevano Docetaxel. Tale risultato, sebbene basato su un piccolo gruppo di pazienti, è apparso più evidente per quei pazienti in trattamento per più di 60 settimane.

In aggiunta ai risultati EQ-5D ( EuroQoL-5 Dimensions ), nei pazienti trattati con Nivolumab si è evidenziato un tempo più lungo al primo deterioramento rispetto al gruppo di pazienti che aveva ricevuto Docetaxel.

L’analisi per l’endpoint valutato dall’analisi LCCS ( Lung Cancer Symptom Scale ) ha mostrato un raggiungimento del miglioramento dopo 12 settimane di trattamento di circa il 20% per pazienti di entrambi i gruppi di trattamento.

A 60 settimane, si è evidenziata una continua riduzione dei sintomi correlati alla malattia nei pazienti in trattamento con Nivolumab, a fronte di un peggioramento nei pazienti con Docetaxel.

Come concluso da Martin Reck, i pazienti che hanno beneficiato del trattamento con Nivolumab hanno avuto una normalizzazione del quadro di normal-health, il che suggerisce che il miglioramento dei sintomi e della qualità di vita correlano con un incremento della sopravvivenza.

Conclusioni

I risultati del Programma di sviluppo CheckMate hanno dimostrato un’alta efficacia del Nivolumab nei pazienti con tumori NSCLC a istologia squamosa in seconda linea, dopo una prima linea chemioterapica, confermando il ruolo cardine dell’immunoterapia in questo setting, finora orfano di nuove opzioni terapeutiche, oltre a Docetaxel.
I risultati dello studio registrativo CheckMate-17 non hanno solo confermato un significativo miglioramento della sopravvivenza globale ( 9.2 vs 6.0 mesi ) a vantaggio dei pazienti trattati con Nivolumab, ma hanno anche evidenziato un persistente beneficio duraturo dimostrato dall’alto tasso di sopravvivenza a 1 anno ( 42% vs 24% ) e 2 anni ( 23% vs 8% ). Tali risultati hanno confermato la magnitudo dell’efficacia del Nivolumab nei confronti del trattamento chemioterapico standard, che persiste nel tempo con significatività statistica. ( Xagena_2016 )

De Marinis F, Passaro A, Recenti Progressi in Medicina, 107 (12), 2016

Xagena_Medicina_2016