Carcinoma del polmone: maggiore sopravvivenza a 3 anni per i pazienti trattati con Nivolumab, un inibitore del checkpoint immunitario PD-1
Il trattamento immuno-oncologico ha confermato nel carcinoma polmonare gli importanti risultati raggiunti nel melanoma.
L'inibitore del checkpoint immunitario PD-1, Nivolumab ( Opdivo ), è in grado di triplicare e raddoppiare il numero di pazienti vivi a 3 anni rispetto alla chemioterapia ( Docetaxel ), rispettivamente, nell’istologia squamosa e non-squamosa.
Lo studio CheckMate -017 ha coinvolto 272 pazienti con cancro del polmone non-a-piccole cellule squamoso: a 3 anni il 16% dei pazienti trattati con Nivolumab ( 1 su 6 ) era vivo rispetto al 6% con Docetaxel.
Nello studio CheckMate -057, che ha coinvolto 582 persone con la forma non-squamosa della malattia, il 18% era vivo dopo 36 mesi ( 1 paziente su 5 ), raddoppiando così la percentuale rispetto alla chemioterapia ( 9% ).
Questi dati sono a conferma che in diversi casi la malattia tumorale tende a cronicizzare.
Le persone che rispondo agli inibitori del checkpoint immunitario non solo vivono più a lungo, ma hanno anche un’ottima qualità di vita, risultati impensabili prima dell’introduzione dell’immuno-oncologia.
Solo il 15% dei casi di tumore del polmone riguarda i non-fumatori; di solito questi pazienti presentano mutazioni genetiche e possono essere trattati con farmaci a bersaglio molecolare.
L’85% delle diagnosi interessa i tabagisti, che non sono caratterizzati da queste alterazioni e non disponevano fino a pochi anni fa di alcuna arma realmente efficace.
I dati presentati al Congresso ESMO rappresentano il più lungo follow up riportato con un inibitore di PD-1 rispetto alla chemioterapia, nei pazienti con carcinoma del polmone non-a-piccole cellule precedentemente trattati. ( Xagena_2017 )
Fonte: ESMO Meeting, 2017
Xagena_Medicina_2017