Deficit dell'ormone della crescita ed aumentato rischio di aterosclerosi precoce


Un studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism ha dimostrato una stretta relazione tra deficit di ormone della crescita ( GHD ) ed aumentata prevalenza di aterosclerosi ed eventi cardiovascolari precoci.
Secondo i Ricercatori, infatti, gli individui affetti da deficit dell'ormone della crescita non trattato con terapia ormonale sostitutiva manifestano abnormi concentrazioni sieriche di lipidi e lipoproteine, nonchè un'aumentata quantità di grasso corporeo.

Lo studio è stato condotto arruolando nove adulti affetti da ipopituitarismo totale o parziale, su gran parte dei quali la diagnosi di deficit di ormone della crescita è stata formulata fin dall'adolescenza. A nessuno dei soggetti in questione era stata precedentemente somministrata terapia con ormone della crescita ( GH ).
Altri dodici individui, con età ed indice di massa corporea ( BMI ) simile ai 9 di cui sopra, sono stati reclutati per formare il gruppo controllo.

A tutti i partecipanti allo studio sono stati prelevati campioni di sangue al fine di dosare la concentrazione di lipidi e lipoproteine.

Inoltre sono stati isolati dal plasma i macrofagi derivati dai monociti ed in essi valutati i livelli di espressione del gene LPL.
Il gene LPL codifica per la lipoproteinlipasi , che svolge un ruolo fondamentale nella formazione della placca ateromasica nello spessore della parete arteriosa.

I risultati hanno evidenziato che tanto i livelli di RNA messaggero ( mRNA ) di LPL , quanto la secrezione di lipoproteinlipasi stessa, sono risultati grandemente aumentati nei soggetti con deficit dell'ormone della crescita rispetto al gruppo controllo.

Inoltre è stata evidenziata una particolare tendenza da parte dei macrofagi di questi individui alla secrezione di TNFalfa ed altre citochine proaterogeniche ed una maggiore suscettibilità alla formazione di cellule schiumose.
Questo fenomeni, alterando la normale fisiologia delle pareti arteriose, aumentano in maniera sensibile il rischio di eventi cardiovascolari precoci.

Tuttavia il risultato più importante è stata la scoperta che i macrofagi dei pazienti con deficit dell'ormone della crescita , incubati e trattati in vitro con IGF-I, riducono del 30% la secrezione di lipoproteinlipasi.
E' stato inoltre evidenziato che questo tipo di effetto in vitro non si ottiene trattando gli stessi macrofagi con ormone della crescita , facendo ipotizzare che la secrezione di LPL macrofagica potrebbe essere IGF-I-correlata e non direttamente GH-correlata.
Questo tipo di risultati non è stato assolutamente osservato nei macrofagi del siero prelevato dal gruppo controllo; è quindi evidente una maggior sensibilità dei macrofagi dei soggetti con ormone della crescita all' IGF-I.

In conclusione questo studio ha dimostrato che i macrofagi derivati dai monociti dei pazienti affetti da deficit dell'ormone della crescita producono quantità abnormi di citochine proaterogeniche e mostrano una particolare tendenza alla formazione di cellule schiumose.
Questo identifica i macrofagi come potenziali target su cui intervenire nell'ambito della prevenzione dell'aterosclerosi associata ad ormone della crescita.
Inoltre la netta riduzione della secrezione macrofagica di LPL riflette uno dei meccanismi tramite i quali la terapia ormonale sostitutiva con ormone della crescita potrebbe avere un ruolo chiave nella modulazione dei processi che portano all'aterosclerosi.

La stretta correlazione tra danno vascolare e deficit dell'ormone della crescita infantile non trattato era già stata dimostrata in passato da alcuni Ricercatori italiani ( J Clin Endocrinol Metabol 1997 ; 82: 1378-1381 ).
Gli Autori di questo studio hanno mostrato come un trattamento con terapia con ormone della crescita , correttamente impostato fin dall'età pediatrica, possa apportare dei risultati a breve termine , ma anche ridurre rischi futuri di obesità, aterosclerosi , e rischi cardiovascolari in generale. ( Xagena_2004 )

Ezio Giangreco


Serri O et al , J Clin Endocrinol Metab 2004 ; 89: 979-985




MedicinaNews.it