L’assunzione continua di Litio riduce il rischio di demenza ?
È stato suggerito che il Litio potrebbe avere capacità neuroprotettive ma non è chiaro se il Litio possa ridurre il rischio di demenza.
Un gruppo di Ricercatori dell’University of Copenhagen in Danimarca, ha condotto uno studio osservazionale di coorte per verificare se un trattamento continuo con Litio fosse in grado di ridurre il rischio di demenza.
Sono stati identificati tutti i pazienti trattati con Litio in Danimarca all’interno di comunità psichiatriche, specialisti privati e medici di base nel periodo compreso tra il 1995 e il 2005; il gruppo controllo era rappresentato da un campione casuale del 30% della popolazione generale.
Lo studio ha riguardato 16.238 persone che avevano acquistato il Litio, almeno una volta,, e 1.487.177 persone della popolazione generale che non avevano mai acquistato il Litio.
La principale misura di esito era la diagnosi di demenza durante le cure ospedaliere o ambulatoriali.
Le persone che avevano acquistato il Litio, almeno una volta, avevano un maggior tasso di demenza rispetto alle persone non esposte al Litio ( rischio relativo, RR: 1.47% ).
Per i soggetti che hanno continuato ad assumere Litio, i tassi di demenza sono diminuiti fino allo stesso livello osservato nella popolazione generale.
I tassi di demenza sono diminuiti velocemente dopo il consumo di compresse di Litio, corrispondente a una prescrizione ( in genere 100 compresse ), e sono rimasti su bassi livelli nonostante un leggero aumento in base al numero di successive prescrizioni.
L’associazione tra il numero delle prescrizioni di Litio e la demenza è risultata unica e diversa dall’associazione tra il numero di prescrizioni degli anticonvulsivanti e la demenza.
Un trattamento continuo con Litio è risultato associato ad una riduzione del tasso di demenza ad un livello simile a quello riscontrato nella popolazione generale.
Secondo gli Autori non possono essere escluse ragioni metodologiche per queste osservazioni, per la natura non randomizzata dei dati. ( Xagena_2008 )
Kessing LV et al, Arch Gen Psychiatry 2008; 65: 1331-1335
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