Il Valproato riduce la dipendenza da alcol e stabilizza l’umore nei pazienti con disturbi bipolari ed alcolismo


Oltre la metà degli individui affetti da disturbi bipolari manifesta un problema di abuso di sostanze nel corso della propria vita.

I pazienti con disturbo bipolare ed abuso di sostanze spesso vengono esclusi dagli studi clinici.
Pertanto, i dati sul trattamento di questi pazienti ad alto rischio sono scarsi.

Presso l’Università di Pittsburgh è stato condotto uno studio finalizzato a valutare l’efficacia del Valproato ( Divalproex sodico , Depakote ) nel ridurre l’assunzione di alcol e nello stabilizzare l’umore, nei pazienti con disturbo bipolare ed alcolismo.

Lo studio è stato condotto su 59 pazienti con diagnosi di disturbo bipolare di tipo I e di dipendenza da alcol.

Tutti i partecipanti stavano assumendo il trattamento standard, Litio carbonato e terapie psicosociali, e sono stati randomizzati a ricevere Valproato o placebo.

Il gruppo, trattato con Valproato, ha presentato una percentuale significativamente più bassa di giorni da forte bevitore ( p = 0.02 ) ed una tendenza a bere meno bicchieri per giorno da forte bevitore ( p = 0.055 ), rispetto al gruppo placebo.

Quando l’aderenza al trattamento è stata aggiunta come covariata, il gruppo in terapia con Valproato ha bevuto un numero di bicchieri per giorno da forte bevitore significativamente inferiore e meno bicchieri per giorno da bevitore ( p = 0.02 ).

Le concentrazioni sieriche più elevate di Valproato sono risultate correlate in modo significativo con i miglioramenti degli outcome per l’assunzione di alcol.

I sintomi maniacali e depressivi sono migliorati in ugual modo in entrambi i gruppi.

Il livello di gamma-glutamil-transpeptidasi ( GGT ) è risultato significativamente maggiore nel gruppo placebo che nel gruppo Valproato.

I dati ottenuti hanno indicato che la terapia con Valproato è in grado di ridurre la forte assunzione di alcol nei pazienti con disturbo bipolare e dipendenza da alcol.( Xagena_2005 )

Salloum IM et al, Arch Gen Psychiatry 2005; 62: 37-45



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